
Cassa integrazione, autunno nero . Dopo l’estate boom di richieste
I mesi autunnali sono da sempre caratterizzati da un fisiologico calo della produzione e del lavoro nel settore tessile, Prato lo sa bene. Ma stavolta c’è qualche preoccupazione in più che agita gli artigiani tessili, vuoi per le incertezze geopolitiche internazionali con la guerra prima in Ucraina e poi ora anche in Medioriente, vuoi per il caro gas ed energia e l’inflazione che ancora morde, assottigliando il potere di acquisto delle famiglie. La frenata della produzione, e anche quella prevista per il mese a venire, ha fatto sì che molte aziende abbiano presentato richiesta preventiva di cassa integrazione alla commissione addetta di Confartigianato Imprese Prato. I numeri raccontano una situazione complicata: il fenomeno ha iniziato a evidenziarsi con maggiore forza nel tessile da giugno, tanto che in quel mese alla commissione di Confartigianato si sono rivolte 34 aziende con la richiesta preventiva di cassa integrazione per 147 persone. A luglio l’asticella si è alzata, fino ad interessare 44 ditte (245 lavoratori), mentre in agosto sono diminuite sia le imprese, scese a 31, che i dipendenti (213 quelli per i quali è stata fatta domanda). Al rientro delle ferie le richieste di ammortizzatore sociale sono tornate a crescere, fino ad interessare 45 aziende per un totale di 228 dipendenti. La punta massima si sta toccando in ottobre con 79 ditte che hanno avanzato la domanda di cassa preventiva. Potrebbe interessare un totale di 494 lavoratori. La previsione, per novembre, vede 52 imprese richiedenti (per 372 lavoratori).
"Il rientro dalle ferie è stato pesante – commenta Luca Giusti, presidente di Confartigianato Imprese Prato – Che ci fosse un po’ di calma era nell’ordine delle cose. Ma adesso gli ordini non arrivano, non ci sono. E non si vedono all’orizzonte grandi segni di cambiamento". Le richieste preventive di cassa integrazione non sono un buon indizio. "Per indole l’imprenditore pratese non va a cercare alternative e, se lo fa, significa che le prospettive sono abbastanza buie. In genere si parla di situazione a macchia di leopardo, ma questa volta sono poche le aziende che riescono a reggere davvero. Tutta la filiera è in crisi".
Quale può essere la soluzione? "Nell’ultimo anno e mezzo, dopo due anni di pandemia, ha vinto la voglia di uscire fuori da un periodo difficile: ciò ha spinto a rifare il pieno di magazzini e store. La ripartenza del 2022 è stata bella e interessante, con una coda che si è protratta nei primi tre-quattro mesi dell’anno in corso – spiega Giusti – Poi si sono saturati il mercato e i magazzini. Ora siamo in una fase in cui si sta ricercando un equilibrio tra produzione e consumo. Mancano gli ordini, non arrivano. Da questa fase non si uscirà velocemente. Dobbiamo trovare un riassestamento, un equilibrio differente al periodo pre covid. Il 2022 è stato un anno anomalo: nonostante i prezzi alle stelle di energia elettrica e gas, il mercato tirava. Quello che le imprese stanno vivendo oggi non si può paragonare al 2019: è cambiato il contesto generale. Ed è il mercato a comandare: nella fascia media non si guarda più al centesimo, ma l’obiettivo sta nel fatto di non avere più rimanenze e di fare produzioni che il mercato sia in grado di assorbire".
Sara Bessi