Cade in ospedale e muore dopo un anno Guardie giurate assolte: "L’incubo è finito"

Accusate di omicidio preterintenzionale, ma per il giudice non vi fu aggressione. Atti in procura per valutare le dichiarazioni di una dottoressa

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Assolti con formula piena ("perché il fatto non sussiste"). E’ stata la fine di un incubo durato quattro lunghi anni per le ex guardie giurate Andrea Priolo e Simone Tagliantini, accusati di essere i responsabili della morte di un sessantenne pratese, tossicodipendente e affetto da varie patologie, avvenuta in seguito a una caduta nella quale l’uomo riportò lesioni permanenti alla schiena restando tetraplegico. L’assoluzione in rito abbreviato è arrivata ieri al termine di un processo molto dibattuto e che non ha risparmiato momenti di tensione e di accese discussioni. Il gup Francesco Pallini non si è accontentato di assolvere i due imputati, difesi dagli avvocati Giuseppe Nicolosi, Antonio Cozza e Michela De Luca, dall’accusa di omicidio preterintenzionale, ma ha anche rinviato gli atti in procura per valutare la posizione e le dichiarazioni della dottoressa del pronto soccorso che prestò le prime cure al sessantenne esanime, trovato a terra in una pozza di sangue nella sala di aspetto. Fu la donna a scrivere nel referto medico che il paziente aveva riferito di essere stato picchiato senza specificare da chi. Particolare che, però, tralasciò di raccontare agli agenti della polizia intervenuti qualche ora dopo per accertare che cosa fosse successo la notte precedente. Il pm Valentina Cosci aveva chiesto una pena a 6 anni e 10 mesi per Priolo, ritenendolo l’esecutore materiale del presunto pestaggio, e 4 anni e mezzo per il collega Tagliantini. La famiglia del sessantenne si è costituita parte civile assistita dall’avvocato Manuele Ciappi. Ci sono voluti quasi quattro anni (l’episodio risale all’ottobre 2017) e tre consulenze prima di arrivare a mettere un punto fermo sulla vicenda. Il caso è stato dibattuto fra una guerra di perizie e ricostruzioni completamente diverse fra loro. Da una parte la procura e la parte civile che sostenevano la colpevolezza delle due guardie che avrebbero picchiato e spinto l’uomo che era in stato di agitazione per i forti dolori alla schiena causandone le lesioni permanenti che un anno dopo portarono alla morte. Dall’altra quella della difesa secondo cui i due vigilantes trovarono l’uomo esanime a terra e chiesero subito aiuto a medici e infermieri. Nessun testimone oculare, nessun filmato o registrazione ma solo le perizie discordanti e le dichiarazioni della dottoressa. Oltre all’incidente probatorio nel quale il sessantenne non è stato in grado di indicare chi lo avrebbe picchiato. In questi anni le due guardie giurate, che prestavano servizio al pronto soccorso da tempo, hanno perso il porto d’armi e il lavoro. "Abbiamo fatto la fame, senza nessuno che ci abbia aiutato – ha detto fra le lacrime la moglie di Tagliantini – Hanno tolto la serenità dell’infanzia a nostro figlio di otto anni. Non lo abbiamo potuto mandare neppure in gita a Galceti perché non avevamo tre euro per l’ingresso. Abbiamo vissuto momenti terribili". "Il giudice gli ha restituito quello che gli è stato tolto – è il commento dell’avvocato Giuseppe Nicolosi – Il processo serve a questo, a correggere gli errori. In una intercettazione il mio assistito ha detto ’io credo nella giustizia’, oggi ha avuto giustizia. Mi dispiace che in tutti questi anni abbia dovuto subire una ’morte civile’. E’ un processo che con un po’ di coraggio poteva essere chiuso molto prima, quando il gip non ha concesso la misura cautelare per l’assenza dei gravi indizi. C’è stata tanta sofferenza che poteva essere evitata". "Aspetteremo le motivazioni– aggiunge l’avvocato Cozza – Abbiamo sempre creduto nell’innocenza dei nostri assistiti, sono due persone che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato e con le persone sbagliate". "E’ finito un incubo, non ci posso ancora credere", ha detto Priolo. "Da un momento all’altro mi sono ritrovato a dover chiedere aiuto alla Caritas. Per prima cosa richiederò il porto d’armi e cercherò un lavoro per tornare a contare solo sulle mie forze".

Laura Natoli