Il Bar Magnolfi passa ai cinesi

Trattativa in via di conclusione, la svolta a luglio. Il rito delle ciambelline e quella ricetta

Le mitiche ciambelline del bar Magnolfi

Le mitiche ciambelline del bar Magnolfi

Prato, 14 giugno 2019 - Se ne va un pezzo importante della storia di Prato, dopo la cessione di molti bar della periferia e quella più recente dell’Andrei: il bar Magnolfi sta per passare la mano ai cinesi a far data dal prossimo luglio, dopo una trattativa con gli attuali proprietari Giacomo Balli e Andrea Atzori, che mantengono un giustificato riserbo ma che in molti danno ormai per gestori solo temporanei fino alla fine del mese in attesa del subentro conclusivo. Il bar Magnolfi è sempre stato il cuore di Prato. E’ passata di qui tutta la genia dei pratesi dalle 4.30 del mattino per le ciambelline calde alla ripresa delle attività, fino alla sera inoltrata, quando cessava il rumore dei telai e ululavano le sirene del fine lavoro per dibattere, conoscersi, trattare, programmare. Si chiudeva alle 2 di notte.

IL PRECEDENTE DEL BAR ANDREI: Storico bar pratese passa ai cinesi: cambio di gestione dopo 100 anni (clicca qui)

Si riapriva poche ore dopo. I fratelli Lelio e Foresto Magnolfi, di ritorno dalla guerra ’15-’18, decisero di ripercorre un’esperienza già fatta come camerieri al caffè Chantant, il bar sotto al Credito Toscano, acquistando uno spazio lì vicino, l’attuale bar Magnolfi, inaugurato nel 1926. Alla morte dei due, il figlio di Foresto creò una tabaccheria in via Garibaldi; il figlio di Lelio, Olindo, sviluppò ulteriormente il bar insieme alla madre Marsilia, finché Adriana Vinattieri, moglie di uno dei titolari di allora, ne assunse la conduzione. Circa dieci anni dopo il bar passò a un gruppo di dipendenti che lo gestirono fino al 2004 per poi cedere la gestione agli attuali conduttori.

Era la casa di tutti, collocato com’è in mezzo a cinque scuole e ad attività lavorative. Fra gli avventori illustri: Benigni, Nuti, Pamela Villoresi, i fratelli Veronesi, il pittore Martinelli. Ma si fa un torto agli altri a citarne solo alcuni , perché qui si radunavano quelli dei tornei sportivi notturni, quelli che non avevano televisore e venivano a popolare la sala per vedere «Lascia o raddoppia» in tv, quelli che uscivano da Misoduli, quelli che festeggiavano accadimenti come la vittoria del mondiali nel 1982. Le ciambelline calde all’albeggiare erano un richiamo costante, con una ricetta a lungo nascosta. «Non so se è un segreto ancora da custodire - rivelò circa due anni fa Adriana Vinattieri - Abbiamo imparato negli anni che i segreti vanno confessati ai bugiardi e ai muti: il primo non è creduto, il secondo non parla. Ma oggi ritengo non abbia più senso, è come trattenere il respiro: la ciambellina era fatta di uova fresche e farina, che noi servivamo su vassoi classici di cartone con la carta sotto ad asciugare l’olio e lo zucchero in abbondanza». Se ne va con le ciambelline calde anche il ricordo delle iniziative più colorite nel tirar tardi delle notti estive, con alcuni epigoni di allora come Silvio Giannini a tener banco nella Prato del godimento e svago, dopo giornate lavorative intense.

Erano i tempi dei primi sguardi furtivi alle belle appetitose che uscivano dalla messa delle 11 in San Francesco, con lei che ti salutava con un cenno della testa perché la mamma non capisse e girava l’indice per dirti «domani»; i tempi in cui suonavamo i campanelli e scappavamo, facevamo le feste in casa e ci inebriavamo nei lenti, andavamo a scuola da soli e tornavamo da soli, in due sul motorino e quello dietro metteva la freccia con il braccio; i tempi in cui ci alzavamo in piedi quando entrava l’insegnante, aprivamo la Simmenthal con la chiavetta. E poi tutti al Magnolfi a recitare la nostra gioia di vivere con le piccole cose fatte di niente.