REDAZIONE PRATO

Aperta un’inchiesta sui disordini in carcere

Indagini in corso da parte della polizia penitenziaria per risalire all’identità dei rivoltosi. Danni alla struttura e due agenti feriti

La polizia in assetto antisommossa entra nel carcere per placare la rivolta

Prato, 11 marzo 2020 - La situazione sembra essersi placata anche se i disordini all’interno del carcere della Dogaia sono proseguiti per tutta la giornata di lunedì, in contemporanea con gli altri carceri italiani. La tensione resta comunque alta e la Procura ha deciso di aprire un fascicolo per accertare quello che è successo all’interno del carcere di massima sicurezza di via Montagnola. A ieri in procura non erano ancora arrivati gli atti. A seguire le indagini saranno gli stessi agenti della polizia penitenziaria che lunedì, intorno alle 13, si sono trovati di fronte a circa duecento detenuti imbavagliati e armati delle gambe dei letti (usate come spranghe) che hanno occupato il terzo piano del carcere creando non poco caos. Per sedare i rivoltosi – quasi tutti nigeriani e albanesi – c’è voluta una lunga trattativa con gli agenti e con la direzione del carcere. Ma i ribelli non si sono placati fino a tarda serata e hanno continuato a dare problemi alle guardie.

Il procuratore Giuseppe Nicolosi ha aperto un fascicolo per capire di chi sia stata la responsabilità e chi abbia guidato la rivolta. Al momento non ci sono indagati né ipotesi di reato anche se si potrebbe profilare il danneggiamento, la resistenza e le lesioni in quanto due guardie sono rimaste lievemente intossicate e altre hanno riportato qualche escoriazione e lividi. "Una rivolta di questa portata non si era mai registrata all’interno della Dogaia", fanno sapere dal carcere. Tanto che i dipendenti sono stati costretti ad asserragliarsi dentro gli uffici, mentre i detenuti della quinta e sesta sezione davano fuoco alle celle e ai letti, lanciavano oggetti infuocati dalle finestre e usavano le gambe dei letti come spranghe per sfondare i cancelli.

Di fatto hanno occupato il terzo piano del carcere aizzando la reazione dei detenuti del secondo che hanno cominciato ad agitarsi a metà pomeriggio. Per contenere i rivoltosi è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri e guardia di finanza) che si sono presentate in assetto antisommossa. Alla Dogaia sono arrivati anche i vigili del fuoco per spegnere gli incendi scoppiati all’interno delle celle. I detenuti hanno spaccato gli impianti di videosorveglianza del terzo piano causando non pochi danni alla struttura. Il motivo della rivolta sta nella sospensione dei colloqui con i familiari disposta dal decreto ministeriale per contenere il diffondersi del Covid-19. Una misura che non è andata giù ai detenuti di mezza Italia che hanno deciso di mettere a ferro e fuoco le celle. Alla Dogaia non hanno fatto eccezione. La procura indagherà per risalire ai colpevoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA