
L’immigrazione cinese presenta alcune caratteristiche particolari, che spesso non si riscontrano in altre immigrazioni: ha una dimensione prevalentemente familiare e si muove all’interno di una diaspora composta da numerose comunità stabilmente presenti sul territorio europeo e dotate di una forte capacità di inserimento economico. E a Prato sappiamo bene quanto il ruolo della famiglia, intensa nell’accezione più ampia del termine. E sappiamo altrettanto bene che la storia dell’immigrazione cinese a Prato ha un filo conduttore ben preciso: il lavoro. Se provate a chiedere a un amico cinese la genesi della sua presenza in città la risposta sarà più o meno sempre la solita: "La mia famiglia è venuta qui per motivi di lavoro e ci è restata". E Prato, famiglia dopo famiglia, come sappiamo è diventata la comunità cinese più grande d’Italia e in rapporto agli abitanti la più grande anche d’Europa. Così come è ormai cosa nota che i cinesi che risiedono in città provengono praticamente quasi tutti da due province meridionali della Cina: Zhejiang, in particolare Wenzhou, e Fujian. Ma nella regola c’è sempre l’eccezione e in questo caso si chiama Antony Tang, più noto in città come Dottor Tang, probabilmente il primo cinese arrivato a Prato. Sicuramente il primo che ha preso la cittadinanza italiana.
Non proviene da Wenzhou e non è venuto qui per seguire la famiglia. Tang, appunto, è un’eccezione. Arrivato in Italia da Hong Kong con passaporto inglese nel 1975 si è trasferito a Prato nel 1977 per praticare l’agopuntura, di cui è uno specialista. È venuto qui grazie all’amicizia con un medico italiano, conosciuto nell’ex colonia britannica durante il periodo universitario. Oggi vive con la moglie e ha due figli, una lavora in Germania nel mondo della moda e l’altro in Asia nel turismo. "Da quando sono qui di acqua sotto i ponti ne è passata – racconta Tang – Arrivai a Prato e iniziai a gestire laboratori di agopuntura. Non solo qui ma anche a Montecatini, Firenze, Viareggio, La Spezia. Il primo lo aprì insieme al dottor Enoch in via Orbedan. Non avevamo nessun paziente cinese, solo italiani". Ha preso la cittadinanza italiana dopo aver partecipato al servizio militare all’ospedale di Sangallo per dieci mesi e dice sempre che per lui è "un onore essere italiano". "E come potrebbe essere altrimenti – spiega – questo paese mi ha dato tutto e ho passato qui tra i migliori anni della mia vita. Mi rendo conto di essere un cinese un po’ atipico per Prato, nonostante sia uno dei primissimi ad essere arrivati. La comunità da allora è cambiata tanto ma ancora, son sincero, la vera integrazione deve arrivare. E la vedranno i figli dei nostri figli". Tang passa le sue giornate da pensionato a leggere i quotidiani, discutere di politica e a insegnare con il pennello la calligrafia a centinaia di alunni delle scuole e a chi ne è appassionato.
E ha deciso di trascorrere la sua vita qui, a Prato, come cittadino del mondo.
Miaomiao Huang