REDAZIONE PONTEDERA

Maxifrode sui carburanti, sequestrato anche il deposito di Verona

Sviluppi nelle indagini dell’operazione "Petroloro": il prodotto prima di essere messo in commercio veniva allungato con olio

La presenza dell’olio nei serbatoi dell’impianto è stata confermata dalle analisi effettuate dai laboratori chimici dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Dalle indagini è emerso che, nonostante il “lockdown” conseguente all’emergenza da Covid-19, il sodalizio criminale non si sia fatto scrupolo nel continuare ad avvalersi del deposito per commercializzare ingenti quantitativi di prodotto energetico, messo in vendita come carburante e sottratto all’accertamento e al pagamento dell’imposta. Così un deposito commerciale di prodotti energetici per autotrazione che si trova nel veronese, è stato sequestrato su disposizione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pisa.

E’ un altro sviluppo dell’operazione "Petroloro", coordinata dal pm pisano Egidio Celano e condotta dai militari del nucleo di polizia economica finanziaria della guardia di finanza di Pisa e funzionari dell’ufficio antifrode, che nel giugno scorso ha sgominato quella che gli inquirenti ritengono essere un’associazione per delinquere (12, a vario titolo, le persone coinvolte) composta da "professionisti". Di questo si vantavano, i contrabbandieri, come emerse da alcune intercettazioni: "Non facciamo mica mozzarelle di bufala". Nel disporre il sequestro della struttura nel nord Italia, il gip ritenendo sussistente il presupposto del “periculum in mora”, ha sottolineato che la libera disponibilità dei proprietari del deposito potesse agevolare la commissione di nuovi reati di contrabbando. L’articolata e complessa attività d’indagine della Procura di Pisa, si apprende, ha permesso di accertare come, al pari di altre strutture analoghe, il deposito di Verona fosse utilizzato dai membri dell’organizzazione dedita al traffico di carburanti in evasione di accisa e già colpiti da misure cautelari personali e reali.

Il prodotto energetico di provenienza ignota, introdotto nel deposito in assenza di documentazione giustificativa o con la scorta di Das (documento di accompagnamento semplificato) abilmente falsificati, prima di essere immesso in commercio, veniva sistematicamente miscelato con sostanze oleose per aumentarne il volume.

Le prime indagini. Il controllo di un mezzo, in prossimità di Crespina – venne ricostruito nel giugno scorso dagli inquirenti, illustrando i dettagli dell’operazione "Petroloro" che fece scattare il blitz – fece la prima "spia" di gasolio "farlocco" che portava ad un vicino deposito di carburante a Lavoria (Crespina) che è stata la prima struttura a finire sotto sequestro. Qui, secondo le indagini delle Fiamme Gialle, c’era l’epicentro operativo: il gasolio veniva contraffatto attraverso la miscelazione di oli e poi immesso sul mercato attraverso documenti falsi e con l’aiuto di cinque società cartiere. L’organizzazione curava ogni dettaglio: i mezzi avevano un quantitativo di carburante vero da fornire in caso di controllo, mentre il passaggio dei documenti contraffatti avveniva in autostrada. Nel bagno di un autogrill di Rho i finanzieri trovarono la documentazione falsificata che veniva presa dai trasportatori dei carichi da immettere nel mercato legale.

Carlo Baroni