"Il rooming in è sicuro. Siamo tra i pionieri"

Allattamento, dopo la tragedia a Roma, il dibattito prosegue. Il Lotti è sempre stato all’avanguardia e ora c’è anche il caregiver

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di Ilenia Pistolesi

Si chiama rooming in, si traduce nella pratica di accompagnare la già naturale simbiosi madre-figlio dopo il parto, tenendo il bebè in culla nella stanza dove è ricoverata la mamma. Il dramma accaduto in un ospedale romano, dove un neonato è morto soffocato durante l’allattamento al seno, sta aprendo fronti di dibattiti in tutta Italia, con la vicenda planata sui social dove mamme più note e meno note raccontano, post dopo post, che poteva accadere anche a loro. Il rooming in è un perimentro sicuro? Le donne in travaglio, e dopo il parto, sono davvero sole come suscita il sentimento della corale narrazione digitale che spopola su Facebook e Instagram? Gli interrogativi ci portano dritti al cuore di una pratica, sicura, che all’ospedale Lotti è una prassi consolidata da anni rispetto a altre strutture ospedaliere, ossia lasciare il piccolino nella camera della mamma, con la novità di un caregiver presente h24, che sia il partner o un familiare. Ne parla la dottoressa Martina Liut, primario del reparto di ostetricia e ginecologia del Lotti.

Dottoressa, la tragedia accaduta al neonato morto mentre era attaccato al seno della mamma, è un caso sporadico?

"In base alla mia esperienza e ai dati nazionali, la risposta è sì. Nel nostro reparto, da anni è attiva la rooming in. Siamo stati pioneri in questo senso. E ciò che ci guida sono solide basi scientifiche, dettate dall’Oms e dall’Unicef. Il fatto di lasciare il neonato in stanza con la mamma, non vuol dire abbandonare la donna che ha appena partorito. Ho visto fiorire tanti hashtag, il nostro rivolto alle neo mamme è #nonaverepaura".

Il messaggio è: non farsi trascinare dalle onde emotive e affidarsi ai sanitari, perché nessuna donna viena lasciata sola.

"Dal pre parto, al momento della nascita, passando per il ricovero e a ciò che facciamo dopo, nessuna donna è sola a gestire un fardello di emozioni incredibili, anche ingestibili in alcuni casi, perché ogni donna che partorisce ha la sua storia. A Pontedera c’è la figura di un caregiver, un familiare che può essere presente sempre a fianco della neo mamma, insieme al personale sanitario e ostetrico, coordinato da Barbara De Santi".

E quando si lascia l’ospedale e i genitori tornano a casa con il bebè?

"Ripeto, nessuna donna viene lasciata sola, perché è attivo lo spazio allattamento con le ostetriche, dove ciascuna mamma può esprimere dubbi o preoccupazioni sul fatto di allattare al seno. Succede di passare a nutrire il piccolo con il biberon, ma non è la maggioranza dei casi". Quanto è importante l’allattamento materno?

"E’ un investimento sulla salute del neonato e sulla relazione madre-bambino. Lo rimarcano le indicazioni scientifiche a livello mondiale".

E se la mamma è stanca, e non ce la fa a tenere il suo bimbo appena nato in camera ospedaliera o a allattarlo nei mesi successivi il parto?

"Non è sola. Così come non è sola prima del parto, mentre mette al mondo il suo bambino e nelle successive ore. Ogni mamma ha un percorso di assistenza che è personalizzato. Dopo le dimissioni dall’ospedale, ci sono i pediatri che danno dritte e c’è la possibilità di usufrire dello spazio allattamento per trovare il giusto supporto. Ascoltiamo ogni mamma. Il momento del puerperio è delicatissimo e impegnativo. E’ una situazione che crea sacrificio".

Cosa consiglia alle mamme?

"Di fidarsi, perchè sono seguite. E di non annientarsi, perché l’ospedale, una volta che hanno partorito, dà tutti gli strumenti affinché ogni mamma non sia sola e ce la possa fare".