PONTEDERA-VOLTERRA
Film d’apertura in concorso al BiF&st - Bari International film festival lo scorso 16 marzo, “La Seconda vita“ di Vito Palmieri, pellicola che ha avuto come set Peccioli, arriva in anteprima il 2 aprile alle 21 al Cineplex di Pontedera alla presenza del cast e dal 4 aprile, data ufficiale di uscita nazionale, anche a Pisa al cinema Sammartino–Spazio Arsenale.
La produzione e la distribuzione hanno ritenuto importante rendere omaggio ai territori che hanno ospitato le riprese omaggiandoli con la prima proiezione pubblica del film: il territorio, infatti, è uno dei protagonisti della pellicola. Il film, prodotto da Articolture in collaborazione con Rai Cinema, è distribuito nelle sale da Articolture e Lo Scrittoio, dopo un calendario di proiezioni speciali nelle carceri di diverse città italiane che tocca anche il penitenziario di Volterra nel pomeriggio del 2 aprile. Diretto da Vito Palmieri e scritto a quattro mani insieme a Michele Santeramo, La Seconda Vita è la storia di Anna (Marianna Fontana), giovane donna dal passato oscuro, che decide di trasferirsi in un piccolo comune di provincia. Ed è all’interno di questa comunità che Anna riscopre e riassapora la routine del quotidiano: lavora, cammina libera per le strade, conosce nuove persone tra le quali Antonio (Giovanni Anzaldo), un uomo dolce e introverso con cui inizia una timida relazione. Ma il passato sembra non lasciarle scampo perché il giudizio degli altri, a differenza delle sentenze e delle condanne, sembra non finire mai. Il regista ha definito La seconda vita come: "un film che racconta un percorso interiore alla scoperta di sé e della propria anima".
Il 2 aprile, al multisala Cineplex gli spettatori avranno l’occasione di incontrare il regista Vito Palmieri e la protagonista Marianna Fontana. La seconda vita affronta l’urgente tema del reintegro sociale dopo un’esperienza di detenzione ed è stato realizzato con il coinvolgimento della casa circondariale Dozza - Rocco d’Amato di Bologna e della casa di reclusione di Volterra. Ciò ha permesso l’inclusione di persone in stato detentivo e di mediatori penali nella lavorazione dell’opera e quindi nella sua diffusione, per promuovere la giustizia riparativa come visione alternativa e complementare a sostenere una vera inclusione sociale.