
Elisa Amato uccisa dall’ex fidanzato di Federico Zini. Sopra, il padre Maurizio
"Fin dal 28 maggio 2018 ho espresso pubbliche scuse e abbiamo condannato un gesto inaccettabile. Si è trattato di scuse autentiche, sincere e dirette, mai eluse o date per vie traverse. Ho scelto di agire apertamente, senza cercare scorciatoie, chiedendo perdono alla famiglia Amato, per senso di responsabilità, dignità e dovere umano". Maurizio Zini, il padre di Federico – il 25enne che uccise la ex fidanzata Elisa Amato e poi si tolse la vita – rompe il silenzio. Lo fa dopo anni di silenzio e dopo la nuova ondata di polemiche che hanno fatto seguito alla decisione del Tar che "ha riconosciuto – dice – la piena legittimità della nostra Fondazione Un Abbraccio per un Sorriso". Si chiama così dal 2023 quella che inizialmente doveva essere la Fondazione Federico Zini. "Nessuno, fino a oggi, ha mai raccontato le vere origini di questa Fondazione", spiega Zini che spiega come tutto è partito. Siamo nel 2016, quando Federico, calciatore, in seguito a due gravi infortuni, che lo costrinsero a lunghi periodi di ricovero, "ebbe modo di visitare alcuni reparti oncologici pediatrici". Comincia tutto lì.
"Da quell’esperienza nacque in lui la profonda volontà di impegnarsi concretamente per aiutare quei bambini e le loro famiglie – racconta Maurizio Zini –.. Insieme a un caro amico, avviò iniziative solidali, coinvolgendo calciatori professionisti che, al termine delle partite, donavano e firmavano le proprie maglie ufficiali. I proventi venivano poi devoluti ad associazioni attive nel campo dell’oncologia pediatrica".
"Da gennaio 2018, questo suo progetto, aveva assunto una dimensione importante, grazie a una pagina social molto seguita – ricorda il genitore – . Fu allora che si rivolse a uno studio di commercialisti, per trasformare quella rete solidale, in una vera fondazione. Stante ormai l’imminente fine della stagione sportiva, la costituzione fu rimandata a luglio 2018. Dopo la tragedia avvenuta nel maggio di quell’anno, noi familiari ed amici, abbiamo deciso, con dolore ma anche con determinazione, di portare avanti quel percorso: quello che mio figlio, stava già facendo dall’anno 2016, ovvero costituire una Fondazione per sostenere enti e associazioni che operano nel campo dell’assistenza ai minori gravemente malati e alle loro famiglie". "La Fondazione ha da sempre avuto anche l’obiettivo di promuovere la la prevenzione di tutti quei fenomeni legati a tematiche di degrado sociale e violenza – aggiunge – , in particolare quelli che colpiscono soggetti vulnerabili per età, salute o condizioni di marginalità (cyberbullismo, adescamento online, emarginazione sociale). All’interno dell’oggetto sociale della Fondazione, era stato inoltre inserito il tema della violenza di genere, in modo tale da poter collaborare, laddove possibile, ad iniziative promosse da terzi in quell’ambito".
"Dal 2018 in poi, proprio questo elemento secondario – prosegue Zini – è stato strumentalmente isolato e amplificato, con l’evidente intento di denigrare e screditare pubblicamente il nostro operato". Il resto è storia nota. Nel 2019, la Regione negò l’iscrizione della Fondazione nel Registro regionale delle persone giuridiche private riscontrando tre punti da adeguare. Nel 2023 gli adeguamenti furono fatti e "abbiamo modificato la denominazione rimuovendo qualsiasi riferimento personale". Ma la Regione negò nuovamente l’iscrizione alla Fondazione costituita ufficilmente il 27 luglio 2018, due mesi dopo la tragedia. Da qui il ricorso al Tar con la famiglia Zini assisita dall’avvocato Giovanni Spataro. Arriva il via libera. "È il riconoscimento di un percorso difficile, nato da un dolore profondo, ma orientato alla speranza, alla ricostruzione, al sostegno verso gli altri".
Carlo Baroni