FRANCESCO INGARDIA
Politica

M5s lacerato in Toscana. Finale ancora da scrivere. Campo largo? Si va al voto

Conte ricorre alle consultazioni online per ricucire la “frattura” insanabile tra gruppi e coordinamento. Il sì o no al Giani bis giusto prima della direzione Pd

Il presidente M5s Giuseppe Conte

Il presidente M5s Giuseppe Conte

Firenze, 6 agosto 2025 – Sin son fatte le 21 quando i 5Stelle romani piombano sui toscani, troppo “lacerati e dilaniati”. A Giuseppe Conte non resta che suturare la “frattura” tra coordinamento e cespiti di gruppi territoriali con il marchio di fabbrica: il voto online aperto agli iscritti sulla piattaforma Skyvote. Un “grande dilemma” che recita così: “Alle elezioni regionali che si svolgeranno in Toscana nel 2025 pensi che il MoVimento5Stelle debba partecipare da solo, oppure, meglio verificare se vi siano le condizioni per prendere parte alla coalizione progressista conferendo mandato ai vertici per concludere, per iscritto, un accordo chiaro che integri tutti i progetti e gli obiettivi strategici ?”.

Dettaglio fantapolitico: consultazioni aperte dalle 21 di oggi alle 18 di domani, giusto giusto tre ore prima della direzione Pd. Si sa, la gestazione elefantiaca del candidato governatore è conclusa, i dem si chiuderanno in conclave per incoronare ancora l’uscente Eugenio Giani. Ma la scelta maturata in via Campo di Marzio sà di extrema ratio, di ’resa dei Conte’. Qualche ora prima, il canale istituzionale Firenze-Roma va nel freezer. “Conte parlerà a tutti gli italiani”, avvisano dallo staff Cinquestelle. Fermi tutti, il presidente ha la precedenza. Parte la diretta streaming, in perfetto stile 5s, ma col fuso gianiano, all’ora dell’apericena anziché alle 17.30 come annunciato.

Una diretta social per lanciare cosa? Non missili, termine troppo bellicista, improprio se appiccicato alle giacche del Movimento, ma schiaffi a Meloni e al suo governo “di slogan vuoti, calimero e piagnisteo”. Diciassette minuti dopo, l’ex premier snocciola la ’questione Toscana’. Per una volta, i retroscena non servono. “Lunedì sera - ammette Beppe Conte - c’è stata una riunione importante, varie ore di confronto a cui ho partecipato anche io”. Eh sì, serviva chiamare a rapporto tutti, ma proprio tutti i luogotenenti. Dal coordinamento di Irene Galletti e Andrea Quartini, ai gruppi territoriali, fino ai commilitoni in Parlamento Ricciardi e Licheri, più la vicepresidente Paola Taverna. In apertura, Galletti apre le danze con una reprimenda contro i cespugli grilliini della prima ora anti Pd. Per i livornesi (l’ex sindaca Stella Sorgente capofila), carraresi ed empolesi, accordarsi coi dem sarebbe uno “snaturamento”, una negazione dei primi “vaffa” di Grillo e Casaleggio.

“Siamo gli unici ad aver preso il 10% alle ultime amministrative”, avrebbe ricordato Sorgente ai suoi superiori. “Peccato che dopo 5 anni di giunta Nogarin, avete perso Livorno”, il gancio di risposta. L’ombra dell’autosospensione, già minacciata, resta se sarà campo largo. “La situazione è difficile - riparte Conte via social -, veniamo da 5 anni di opposizione al governo Giani, in questo momento il candidato avallato dal Pd. Per noi - tanto per ribadire il concetto - si tratta di un sacrificio enorme. Voi capite, il M5s ha contrastato in tutti i modi politiche non autenticamente progressiste”.

Basta spulciare i 23 comandamenti dei 5s per l’accordo di coalizione, rende bene l’idea: un patto per la legalità che prevenga terremoti giudiziari (citofonare Prato, Milano, Pesaro), reddito di cittadinanza, salario minimo garantito (auguri dopo l’impugnazione di Palazzo Chigi della legge regionale toscana), niente sviluppo di Peretola, no alla Multiutiliy in Borsa, acqua pubblica gestita con società in house, revisione “integrale” del Piano Rifiuti, no a Basi Nato in Toscana, recupero della legge Marson sull’urbanistica, comunità energetiche rinnovabili da finanziare. Ma soprattutto, una nuova governance della sanità, bye bye all’accentramento delle Asl varato nel 2015. Come troveranno la quadra forze, oltre al Pd, che vanno da Italia Viva a ad Avs, non è dato sapere. Prima ancora, resta il bivio interno che un pentastellato sintetizza così: “Andare in coalizione, per ultimi, col Pd prendendo il 4%, entrare in giunta con un assessore e attuare un pezzo del nostro programma esprimendo un consigliere regionale oppure non incidere, isolati, all’opposizione per altri 5 anni? Ammeso – qui la paura che fa novanta – che correndo da soli si arrivi allo sbarramento del 5%”.