
Paola Catapano è al Cern da quando aveva 26 anni: "I premi Nobel mi prendono per una collega, perché conosco bene questi argomenti per poterne parlare in modo ‘popolare’". Giornalista e comunicatrice scientifica, nel 2005 è partita per la prima spedizione nella natura selvaggia. Ne sono seguite tante e oggi (alle 16.30) al festival "Pari e dispari" parlerà di una delle più importanti, presentando "Ottantesimo Parallelo" (Salani, 2023) il libro sulla ‘missione’ che l’ha (ri)portata in Artico.
Nel libro racconta la spedizione Polarquest 2018. Perché l’ha definita "un’avventura tra scienza e ghiacci"?
"Perché è stata davvero un’avventura, si trattava di una spedizione di Citizen Science, organizzata su iniziativa dei cittadini. Di solito le spedizioni polari le fanno gli enti di ricerca, in consorzio. Io ho partecipato a diverse di queste, come giornalista scientifica, ma questa volta è partita da me: ho visto che c’era l’opportunità di andare a cercare i resti del dirigibile di Nobile del 1928 e di mettere insieme questa spedizione. Ho sacrificato due anni della mia vita, raccolto 500mila euro di fondi e portato 5 progetti scientifici a bordo. È qualcosa che fai una volta nella vita".
Lei è, a suo modo, una donna di scienza e ne ha scritto tanto. Ma "Ottantesimo Parallelo" è diverso dai precedenti...
"Ho sempre avuto una passione per la natura e per le avventure. L’editor, questa volta, è stato chiaro: ‘Non voglio divulgazione, raccontami perché hai deciso di portare avanti questa iniziativa’. Per me quella domanda non si era mai posta, era stata una cosa naturale. Alla fine ho raccontato le sensazioni provate, da me e dai miei compagni, qualcosa di personale, sulla spedizione ma raccontata dal punto di vista umano. Il risultato è un libro per tutti, che si legge come un romanzo".
E la questione ambientale?
"L’Artico si sta sciogliendo quindi il messaggio che volevo dare era anche quello dell’importanza di cambiare il nostro modo di vivere con la natura. Lì si fa scienza ma questo posto va protetto. C’è tantissimo da fare, i danni fatti al nostro ambiente sono evidenti. Secondo me il difetto è uno: un’esperienza del genere ti fa capire che non sei la specie dominante ma una tra tante, che hai bisogno dell’ambiente favorevole a te e che il tuo impatto mette in pericolo tutta la vita non solo la tua".
Il tema centrale del festival è "Donne e scienza". Il gender gap, in questo settore, esiste ancora, basato su pregiudizi e stereotipi. Come abbatterlo?
"Le donne nella scienza ci sono sempre state. Non è un problema di cervello, di Dna, di geni o capacità. È un problema socio culturale, dovuto al fatto che alla donna per millenni non è stato neanche permesso di andare a scuola. Ci sono tantissime azioni in atto per contrastare questo fenomeno, perché stiamo rinunciando a metà dei cervelli e la scienza essendo un processo collettivo, ha bisogno di tutti. Di strada ne è stata fatta, ora vanno portate avanti iniziative per far accedere le donne nei ruoli di management".
Marianna Grazi