REDAZIONE PISTOIA

"Quanto lavoro davanti al computer di casa"

Lucia Batta, pistoiese di Valdibrana e impiegata a Prato: "Altro che vacanza, tra le quattro mura domestiche non si stacca mai..."

Lavorare tre mesi in smart working significa ottimizzare i tempi ed essere più reattivi. Non è per nulla "una vacanza" anche se molto dipende dal ruolo che si ricopre e con quale determinazione si lavora a casa. Lucia Batta, 44 anni, laureata in lingue e letterature straniere, dal 2007 è impiegata alla biblioteca Lazzerini di Prato. Vive da un anno a Pistoia, adesso in Valdibrana.

Quando è iniziato lo smart working?

"Il 17 marzo, prima con la chiusura parziale al pubblico della biblioteca e poi con quella totale. Io disponevo a casa della strumentazione informatica necessaria, ho dovuto solo fare il collegamento da remoto. Ai colleghi che non avevano gli strumenti adeguati ha pensato il Comune".

I suoi compiti in modalità agile?

"Il bibliotecario puro da casa è più limitato, non è possibile fare la catalogazione né quegli atti che richiedono il contatto con libri e fascicoli. Inoltre, il rischio contagio per il Covid-19 con la carta ha di fatto bloccato l’atto di maneggiare libri, in un primo periodo. Il mio caso è diverso: mi occupo della comunicazione ufficiale della biblioteca, del sito internet, aggiorno la pagina social e ho avuto tanto da lavorare perché doveva rimanere il filo diretto con l’utenza attraverso internet. Ho curato le rubriche delle ricette dei bibliotecari, con foto, l’enigmistica, i quiz, oltre all’informazione istituzionale sulla base dei decreti che arrivavano. Periodicamente ci sono state le riunioni in videoconferenza con i colleghi".

Lo smart working ha degli aspetti positivi?

"Ho recuperato tempo e sono riuscita a essere più veloce. Mi spiego: fino al 2019 ho abitato a Firenze e facevo la pendolare con due ore di viaggio, poi mi sono trasferita a Valdibrana, sempre due ore di viaggio per raggiungere Prato. Operare in modalità agile mi ha permesso di essere più tranquilla, più reattiva e usare quelle ore proprio per il lavoro, non solo per la scrittura ma anche per le videoconferenze, le chat con i colleghi. Ho la fortuna di abitare in campagna e questo ha reso meno pesante anche trascorrere il periodo di lockdown".

Invece gli aspetti negativi?

"Il cosiddetto telelavoro non permette uno stacco: da casa non hai un orario, a differenza dell’ufficio. Poi vorrei ricordare che i decreti del premier Conte sono stati annunciati di venerdì, di sabato, di domenica: dopo l’annuncio ti devi mettere subito al lavoro per aggiornare le pagine dedicate all’utenza. Un altro lato negativo è che dopo tre mesi mancano le relazioni sociali, il contatto umano con i colleghi e con l’utenza".

Il giuslavorista Pietro Ichino ha detto: "Lo smart working per i dipendenti pubblici è stata una vacanza pressoché totale, retribuita al 100%": è d’accordo?

"Assolutamente no. Si lavora come sempre e senza orari: nel mio caso ho tenuto aggiornato il sito, le pagine social e fatto in modo che gli utenti avessero sempre interesse per la lettura, anche se non era possibile prendere un libro. Ora stiamo lavorando alla Fase 3, l’opportunità per gli utenti di tornare fra gli scaffali. Intanto, noi rientreremo due giorni a settimana in biblioteca. Vacanza? Ma se non sono riuscita neppure a seguire la casa come avrei voluto a causa del lavoro...".

M. Serena Quercioli