Si opera ai genitali e resta impotente, maxi risarcimento per il paziente. Condannati il medico e le cliniche

La sentenza del tribunale, dopo la denuncia presentata da un quarantenne sottoposto a ripetuti interventi. Il chirurgo avrebbe dovuto valutare l’opportunità dei "ritocchi": usate infiltrazioni di silicone, che è vietato

Un tribunale

Un tribunale

Pistoia, 5 aprile 2024 – Una brutta disavventura sanitaria conclusasi con un danno permanente e un maxi risarcimento da 110mila euro. La vicenda vede coinvolto un 40enne toscano che è tornato una dozzina di volte sotto i ferri, dopo essersi sottoposto a un intervento chirurgico per l’ingrandimento del pene, e alla fine si è ritrovato con una "impotenza e disfunzione erettile". Le complicazioni erano nate fin dopo la prima operazione e il medico per quasi tre anni ha svolto ritocchi nel tentativo di risolverle, ma l’uomo si è ritrovato alla fine con una malformazione all’organo genitale, "l’impossibilità dell’atto sessuale", difficoltà nella corsa. Dopo l’ennesima proposta del chirurgo di tornare sotto i ferri, il paziente ha portato tutti in tribunale e ha chiesto un maxi risarcimento al dottore e pure alle due strutture sanitarie private in cui si erano svolti alcuni interventi.

Il tribunale di Pistoia ha dato ragione al 40enne e ha disposto a suo favore quasi 110 mila euro come risarcimento danni. Il paziente aveva concordato con il dottore l’operazione di ingrandimento per circa 5 mila euro. Passato oltre un mese dall’intervento, ha iniziato a lamentare dei fastidi ed è iniziata un’odissea sanitaria. All’inizio si è sottoposto a due interventi di lipofilling. Ma non è andata bene. Sono seguiti "svariati" ritocchi e in sedi diverse. Secondo i consulenti tecnici, per le infiltrazioni sarebbe stato utilizzato anche del "silicone, materiale vietato sin dal 1993".

Nella battaglia giudiziaria, il medico ha respinto le accuse, spiegando che il paziente dopo le operazioni gli aveva inviato dei video soddisfatto per i risultati e che comunque lui aveva prestato il consenso informato. Ma per il giudice il fatto che il paziente "non fosse consapevole dei rischi fisici cui andava incontro (e che, poi, si sono verificati) essendo, nell’immediato, soddisfatto del risultato estetico" appare "del tutto irrilevante. Era compito del sanitario valutare l’opportunità degli interventi".

Parte di responsabilità è ricaduta anche sul paziente, essendosi fatto delle iniezioni in autonomia a casa, che, lui stesso ha spiegato, gli sarebbero state prescritte dal medico. Alla fine il tribunale ha conteggiato per il risarcimento il 60% di colpa del medico, mentre un altro 20% a testa per le strutture sanitarie.