Quel ristorantino in via Castel Cellesi, a due passi dalla Sala, era il sogno della sua vita dopo aver girato il mondo lavorando per dieci anni nei ristoranti stellati. Un piccolo, elegante locale affacciato sulla strada. E gli ha dato un nome pieno di promesse culinarie: “Ambrosia“. Andava tutto bene, ma poi è arrivato il covid e da un certo momento in poi, non è stato più possibile pagare i 2440 euro d’affitto (Iva compresa), alla proprietà, che le ha intimato lo sfratto. Lei, Chiara Mennini, 27 anni, di Monsummano, ha scelto, assistita dall’avvocato Marco Piccardo del foro di Pistoia, di affrontare la causa, e il giudice civile Nicola Latour, con una ordinanza senza precedenti, probabilmente destinata a fare giurisprudenza, non ha convalidato lo sfratto e ha respinto la richiesta del proprietario di rilascio dell’immobile. Il tutto, alla luce maligna del covid. "Il giudice – ci ha spiegato l’avvocato PIccardo –, in considerazione dei gravi motivi legati allo stop forzato dell’attività commerciale, ha rigettato la richiesta di rilascio del locale. Il tribunale, sul presupposto che il parziale pagamento era limitato esclusivamente ai mesi di lockdown con chiusura imposta dalla normativa anti-covid, ha tenuto conto del comma 6-bis dell’art. 3 del d.l. n. 62020, per il quale il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del conduttore anche relativamente a omessi adempimenti".
Questo è l’aspetto tecnico della sentenza. Questo il racconto di Chiara: "Ho comprato la licenza e rilevato l’attività nel dicembre 2018. A gennaio ho cominciato i lavori di adeguamento e restauro che hanno richiesto sette mesi. Sono figlia di operai, avevo preso un mutuo. La mia passione è grande, ce l’ho messa tutta. Ho speso 200mila euro. C’è stata la messa a norma di tutti gli impianti. Ma erano lavori necessari alla mia attività e che ho sempre fatto presenti alla proprietà senza chiedere niente. Ho aperto il ristorante il 25 luglio del 2019, il giorno di San Jacopo. Ho lavorato bene e pagato sempre. L’8 marzo 2020 il mio sogno è crollato. Ho informato la proprietà che non potevo più pagare l’affitto perchè ero in difficoltà. Da maggio a dicembre ho chiesto una riduzione e poi ho sperato nel saldo e stralcio. Non ho più avuto uno stipendio dal dicembre 2020 e il 20 di dicembre è arrivata la lettera con la convocazione per lo sfratto, in tribunale. Da allora siamo chiusi".
"Siamo una start up. Non abbiamo diritto a nessun tipo di ristoro – spiega Chiara – perchè non abbiamo un bilancio confrontabile e ho dovuto gettare 7mila euro di materie prime. Ora non so cosa fare, spero di poter riaprire. Il giudice ci ha dato ragione perchè abbiamo dimostrato la nostra serietà. Una cosa è certa – sottolinea – , è mancato l’aiuto dello Stato. E pensare che a dicembre avevo contribuito ai pacchi di Natale con la filiera corta per aiutare i nostri fornitori, che sono tutti a chilomentro zero. Persone eccezionali che risentono tanto di questa situazione. Ne usciremo migliori? Non ci credo più".
lucia agati