
Arrivati a Femminamorta (tratto da Google Street View)
Pistoia, 31 maggio 2019 - Il più curioso e il più chiamato in causa quando si parla di ‘strani nomi di luogo’ - di cui, tra l’altro, esiste un omonimo in Sicilia – è certamente Femminamorta. Ma a voler fare altri esempi da aggiungere alla lista, vengono a mente altri posti dal nome decisamente bizzarro: Spedalino Asnelli per esempio, frazione del comune di Agliana, oppure Treppio, Vicofaro, Santomato, Sperone… e potremmo continuare a lungo. A chi non è capitato di chiedersi il perché di certi nomi? Sull’origine di Femminamorta c’è un’opinione comune a molti racconti: pare che il nome, attribuitogli nel XVII secolo, sia riconducibile a una leggenda che narra del ritrovamento del cadavere di una fanciulla. Secondo i racconti due giovani innamorati originari di Serravalle dovettero separarsi alcuni giorni prima del matrimonio: il ragazzo fu costretto a scappare e dopo anni la ragazza, obbligata dai genitori, dovette sposarsi con un altro giovane. Ma il suo cuore era ancora con il primo amore e fu così che scappò per andare a cercarlo. Colta da una tormenta di neve e affaticata dal gelo la ragazza morì. A guardare il crinale della montagna su cui si adagia Femminamorta succede di rivedervi il profilo di una ragazza colta dal sonno, o peggio ancora dalla morte. Ecco allora il motivo del nome dato alla frazione.
Assai meno poetiche le origini di altri nomi di paese, come Treppio, che potrebbe ricondurre a “trippius” o dal verbo “treppiare”, nel senso di “terreno calpestato”, ma potrebbe pure rimandare a un continuo del latino “trivium”, originato dal trovarsi della località all’incontro di tre strade. Spedalino Asnelli ha certamente preso il nome – come ci ricorda il Flechia nelle sue “Noterelle toponomastiche e lessicali pistoiesi” degli anni ‘40 – da un Magister Osnellus, ricordato in un lodo del 1189. La stessa fonte ci dice che “Vicofaro” possa derivare dalla fara longobarda, cioè dall’unità fondamentale dell’organizzazione sociale e militare dei longobardi stessi. Come non citare nella lista Santomato, paese natale del poeta Bartolomeo Sestini? Qui la discussione si anima e gli studiosi si dividono tra chi sostiene che il vero nome fosse Sant’Amato e chi invece San Tomato (o San Tomè), cioè San Tommaso. Alla fine il Bullettino storico pistoiese pende per l’ipotesi numero due perché “a San Tommaso era intitolata quella parrocchia che coi suoi beni e col beneficio di San Francesco ivi posto fu unita alla Badia di San Bartolommeo con bolla di Giulio II del 12 ottobre 1504”.
Origine presumibilmente longobarda per Ramini, vedi Aramo, possibile romanizzazione del composto germanico harja+haima (postazione dell'esercito, luogo dove si è insediato il gruppo in armi, accampamento)", come ci suggerisce la ricerca del sito web “Alto Reno Toscano”. C’è poi Groppoli che pare ispirarsi al germanico “kruppa” cioè “massa rotonda” e Sperone, vicino al vocabolo franco “sporo” e poi i Corsini Bianchi e i Corsini Neri, i cui residenti erano appunto i Corsini e pare che in origine il suo fondatore fosse in piena contraddizione politica con i fondatori del vicino paese Corsini Neri, da qui l’opposto “Corsini Bianchi”. E San Mommé? Deriva da Mamma o Mamante o Mamete, pastore, eremita e martire in Cappadocia nella seconda metà del III secolo. I longobardi lo veneravano e quando giunsero dalle nostre parti ne imposero il culto in quel primo nucleo da loro abitato chiamato Savaiana. E già nel XI secolo il nome del santo acquistò valore di toponimo e si trasformò per volgarizzazione in San Mommè.
Un paio di piccole note su nomi che compaiono su vie o chiese, sui quali siamo inciampati durante la ricerca: “Cioncio” (San Michele in Cioncio) pare fosse così detto perché “in antico v'erano in quei paraggi le conce delle pelli; ed è rimasto il nome di cioncia nella parlata popolare di Pistoia a certi rimasugli di carne di second'ordine che la gente acquistava per pochi soldi presso le concerie ove si ripulivano le pelli destinate alla concia”. “Bigiano” sembra invece derivi da “Bis-Iano”: “sappiamo che i romani dove fondavano le colonie innalzavano a Giano Bifronte delubri o cappelle. Così avvenne che l'attuale paese sopra Bussotto prese il nome di Iano. Il Gestri arguisce che avvenuto il prosciugamento del piano pistoiese i romani dovettero stabilirsi più a valle, e fabbricatovi un tempio, dovettero chiamare il paese Bis-Iano per distinguerlo dall'altro”.