REDAZIONE PISTOIA

L’incanto dei monti E il ritorno alla terra Maurizio Pini racconta la Via Francesca

L’incanto dei monti E il ritorno alla terra Maurizio Pini racconta la Via Francesca

di Lucia Agati

"Non sappiamo se questa strada, e questa esperienza che doniamo a te, viandante, avrà la potenza e il sogno antico. Non sappiamo se produrrà frutti nel tuo cuore. Noi possiamo solo augurartelo e offrirti la nostra compagnia lungo la via. Buon cammino, Ultreya!". E’ un breve brano tratto dall’opuscolo con cui viene presentata la Via Francesca della Sambuca, novantasei chilometri da Bologna a Pistoia. Uno dei suoi custodi è Maurizio Pini. E’ nato il 17 maggio del 1979 e vive sulle colline di Piteccio, nel suo piccolo angolo di paradiso immerso nel verde, terzo figlio (un figlio ogni nove anni) di Ivo Pini, classe 1933, uno degli ultimi dei carbonai della Maremma e di Loretta Mei che lavorava alla Permaflex “dal Pofferi“. La sorella maggiore è Manuela, il fratello è Giordano, noto e apprezzato artigiano orafo. Lui, Maurizio, fa i modelli per le fonderie, lavora il legno, il ferro, la ghisa e le resine. E’ un uomo dai molteplici ingegni, è grafico, informatico e, soprattutto, un eccellente fotografo, per l’intensità dei ritratti, lo studio dei dettagli e la maestosità dei paesaggi montani.

Da cosa nasce la sua passione per il Cammino?

"Perchè a piedi vedi tutto. E conosci. E’ anche questo lo scopo di un Cammino, attraversare i territori per conoscerli. Per vedere quello che non viene trasmesso nei tg. La Via Francesca della Sambuca sono novantasei chilometri tra Bologna e Pistoia. Con due diramazioni: una verso Porretta e l’altra è la variante di Montovolo, ovvero monte a uovo, simbolo di rinascita, antichissimo centro oracolare etrusco che viene anche chiamato il Sinai italiano, siamo a Kainua, antico nome di Marzabotto. Tra Bologna e Pistoia c’era l’antica via del ferro, esisteva in epoca etrusca".

Che cosa la guida?

"Da appassionato di trekking e di Cammini mi sono reso conto che il primo che ne traeva giovamento ero io. Certo, a volte non si fanno scoperte piacevoli camminando, perchè trovi abbandono e anche inquinamento, ma è da lì che dobbiamo comprendere che è necessario dare una mano, per restituire ai nostri figli ciò che abbiamo perso. E la comunità dei Cammini è terreno fertile, è una consociazione di intenti".

Perchè proprio la Via della Sambuca?

"La Via della Sambuca ci ha scelto quando la Galizzia ha regalato a Pistoia il major (il cippo) che si trova in via degli Orafi, ed è stato lì che abbiamo scoperto che c’erano quattro associazioni che stavano ricreando quel tratto e che che poi si sono riunite. Così abbiamo avuto una marcia in più".

Di cosa ci parla la Via Francesca?

"La Via Francesca attraversa la Storia: unisce San Giacomo Maggiore di Bologna a San Jacopo a Pistoia. E’ il percorso, fra tutti, più selvaggio, scarsamente asfaltato. Troviamo case chiuse, abbandonate, baracche, e persone ancora genuine con cui parlare. La via Francesca, già via di Saragozza, indicava l’Ovest, e quindi la direzione di Pistoia, la Porrettana. E’ il primo passo degli Appenini, si vede la Buca della Giacoma (che qui indica la direzione veso San Jacopo), e che rivela il maltempo. Tutto è collegato, tutto ha un senso e un significato".

Se il Cammino dovesse riprendere da Pistoia verso Bologna quale sarebbe la via?

"Se dovessimo ripartire da Pistoia il percorso sarebbe questo: piazza del Duomo, piazza San Giovanni XXIII e il Fregio Robbiamo, dove la formella della lavanda dei piedi è simbolo di accoglienza, di Pistoia che accoglie, e poi le carceri, piazza Oplà, via delle Gaine, Valdibrana, il Santuario e poi su...verso il Signorino e la Collina".

Quali sono le condizioni dei sentieri?

"Sui sentieri stiamo ancora lavorando, cercando collegamenti per variarli e allontanarli dall’asfalto. Devono essere puliti, ma anche chi ha i terreni deve partecipare. Ci sono salite che sono più dure di quelle fisiche".

La sua passione per la fotografia e per i Cammini non sono separate...

"Ovviamente l’amore per la Montagna e per i Cammini mi ha portato verso la fotografia naturalistica che condivido con la mia compagna, Francesca Risaliti. Prediligo il bianco e nero. E’ la verità ripulita dai colori, consente il “salto“, è più diretto alla mente, non la distrae".

Qual è la sua scelta di vita?

"Dal 2017 mi sono dedicato alla cura della mia casa e della mia terra, nel mio piccolo angolo di Tibet, sopra Piteccio, attraverso l’agricoltura naturale, mi occupo del mio orto scegliendo semi antichi. C’è bisogno di riconciliarsi con la terra, ci siamo troppo distaccati e noi, della terra e dei semi, siamo i custodi"