
L’importanza del "verde urbano". Ecco le ricette degli architetti per disegnare le città del futuro
Il verde urbano del nostro centro storico parte da una concezione tipica di inizio Novecento, legato al privato, che non doveva servire per decoro e visto dalla popolazione come un qualcosa di non fruibile perché, spesso e volentieri, si trovava all’interno di spazi di ordini religiosi. Un pensiero ampiamente superato, in conflitto con ciò che dovrebbe rappresentare oggi il cosiddetto "verde urbano", una risorsa fondamentale per il pianeta, per combattere le emissioni di Co2 nell’ambiente. Di questo e altro si è parlato all’incontro che ieri pomeriggio si è tenuto nella Sala Congressi di Gea, all’ex Cespevi, organizzato dall’Ordine provinciale degli architetti, con in testa la presidente Serena Zarrini, e che ha visto vari esperti del settore, tutti provenienti da fuori città, affrontare un tema delicatissimo in termini di costruzione di spazi adeguati all’interno degli ambienti urbani del futuro, soprattutto come percorso partecipato con la cittadinanza che, da un giorno all’altro, può vedersi stravolgere il parco di fronte a casa o il bosco dove i più audaci andavano a camminare.
"Si fa un gran discutere a Pistoia, e non solo, di queste tematiche – ribadisce l’architetto Zarrini – nel nostro specifico le criticità sono emerse, per esempio, sull’intervento al giardino di via Paganini piuttosto che lo sviluppo di viale Adua o il progetto di riqualificazione di piazza San Lorenzo. E, proprio per non farsi influenzare dal dibattito cittadino, abbiamo invitato tecnici non pistoiesi, oltre ad un imprenditore del verde conosciuto, e spesso critico su questo argomento, per fornire le loro esperienze". E’ stato portato come esempio, pertanto, la realizzazione di un importante parco a Certaldo che, però, si deve scontrare con un problema ben lontano dallo smog: la burocrazia. "Il coinvolgimento dei cittadini in percorsi di ’verde pubblico’ è fondamentale – afferma l’architetto Michela Fiaschi, artefice di un importante progetto a riguardo – perché si possono ottenere risposte migliori rispetto a quelle attese. L’esempio è quello del parco ’Libera tutti’", uno spazio inclusivo dove la popolazione del posto è stata partecipe di qualsiasi tipo di passaggio. L’iter è stato avviato nel 2017, i primi due lotti sono stati realizzati, il terzo ancora no ma su questo tipo di processi burocratici non ci possiamo fare niente".
Un argomento caro a Francesco Mati, coinvolto direttamente dall’Ordine degli architetti per far capire come si tratta il "verde urbano" altrove. "Ho portato gli esempi di Svizzera e Turchia che, a volte, sembrano anche più semplici dei nostri ma decisamente efficaci – conferma Mati – dobbiamo metterci in testa che progetti senza senso diventano criticità che dobbiamo risolvere: solo così potremo migliorare la qualità della nostra vita, ma dalle nostre parti è solo una questione economica non facendo abbastanza spazi verdi che poi serviranno ai nostri figli e nipoti".
S.M.