REDAZIONE PISTOIA

La parola siamo noi e oggi divide le persone

Giorno della Memoria: la lezione civile del professor Dionigi nel programma de "Le parole di Hurbinek". Eventi fino al 28 gennaio

La parola siamo noi e oggi divide le persone

Ritornare all’antica radice del "cum", a tutte quelle parole cioè che per i latini evocano lo stare insieme. Ripartire dalle parole per ritrovare comunione e unità. "È nelle parole di Platone: il destino è collettivo. La vera città è quella dove si soffre insieme e dove si gioisce insieme". Tutto conduce qui per il professor Ivano Dionigi, latinista e accademico che oggi mercoledì 24 gennaio (ore 17) al saloncino della musica di Palazzo de’ Rossi terrà una lezione civile sul tema "L’abisso della parola" inserita nel più ampio programma de "Le parole di Hurbinek" (eventi fino al 28 gennaio).

Legami, libri, parole: che si debba ripartir da qui per salvarsi è cosa chiara, ci dice Dionigi. Ce lo ricorda la storia, ce lo ricordano tra gli altri con i loro scritti George Steiner a proposito dei "libri viventi", riferendosi con questa espressione ai rabbini che nei campi di concentramento recitavano "la parola che tiene in vita", i passi della Torah; lo testimonia Ray Bradbury in "Fahrenheit 451" a proposito della memoria, del potere della parola, del potentissimo "noi ricordiamo". Ma è la storia dei tempi che ne è piena, di spunti, nei racconti di Plutarco, Aristotele, Cicerone. Chiedere a Dionigi che stagione vive oggi la parola è spalancare le porte a una riflessione che inevitabilmente tocca tutti.

"Usiamo parole che non comunicano più – esordisce il professore –. La parola di oggi divide, come testimonia il nuovo vocabolario frutto della pandemia pieno di parole-ghetto. Penso a ‘social’, il cui significato è diventato la sua stessa negazione, poi ‘lockdown’, un confinamento che abbiamo introiettato fino a segnare una cesura psicologia nei giovani. Lo smartworking che da opportunità ha creato opportunismo, la ‘dad’, praticamente gas nervino per i nostri giovani. E il distanziamento sociale? Una contraddizione in termini. Il ‘giocattolo’ che adesso usiamo, il cellulare, dal latino ‘piccola cella’, simile al gabbiotto che la polizia usa per portar via i malfattori. Parole ghettizzanti, che isolano. A queste aggiungiamo una ricca serie di parole mascherate, quelle alle quali facciamo ricorso pur di non nominare la realtà. Ci vergogniamo a dire che sfruttiamo le persone, meglio parlare di ‘legge di mercato’. ‘Il vostro sarà un lavoro flessibile’, diciamo ai giovani per non dir loro ‘guarda che sarai disoccupato’. Il ‘lavoro nero’ è ‘economia sommersa’, la guerra è ‘operazione militare speciale’. Usiamo continuamente trucchi, false equivalenze, non verità e il peggio accade a livello istituzionale con la politica ridotta a un contratto, un decreto dignità che chiama in causa un qualcosa, la dignità appunto, che in realtà appartiene a tutti. Questo è lo stupro della parola.

"La parola può dichiarare guerra. Ma può anche risolverla, se solo esistesse ‘la parola della politica’. La parola può curare anche, poiché, lo diceva il principe dei sofisti, è pharmakon, medicina oltre che veleno. Perché – conclude Dionigi – la parola non è un medium, non un tema o un problema. È un abisso: noi siamo la parola".

linda meoni