La morte di Luana . Le colleghe in aula: "Il cancello? Mai usato. Era la normalità"

Durante l’udienza a carico del tecnico, ecco la conferma delle testimoni. La rete non veniva mai abbassata. "Ora lavoriamo con le protezioni".

La morte di Luana . Le colleghe in aula: "Il cancello? Mai usato. Era la normalità"

La morte di Luana . Le colleghe in aula: "Il cancello? Mai usato. Era la normalità"

"La rete di protezione? Funzionava ma non la facevamo scendere mai. Come lavoriamo adesso? Con la rete abbassata". E’ una ammissione chiara e limpida di quello che accadeva all’interno dell’Orditura srl di via Garigliano a Montemurlo prima della morte di una delle sue operaie, la giovane Luana D’Orazio, stritolata dall’orditoio a cui era addetta a soli 22 anni, il 3 maggio 2021. Ieri è ripreso il processo a carico del tecnico manutentore della ditta, Mario Cusimano, assistito dall’avvocato Melissa Stefanacci, l’unico rimasto a dover definire la sua posizione in quanto accusato dalla procura (pm Vincenzo Nitti) di aver eseguito materialmente la modifica al macchinario che consentiva all’orditoio di girare a velocità elevata anche senza i dispositivi di sicurezza inseriti. Accusa che il tecnico ha sempre rigettato sostenendo di non essere stato lui a manomettere la macchina creando il "famoso" bypass elettrico.

Le posizioni dei titolari della ditta, Luana Coppini e Daniele Faggi, sono già state definite con due patteggiamenti, rispettivamente a due anni e un anno e mezzo. Ieri in aula sono state sentite come testimoni due ex colleghe di Luana, la prima che nel frattempo è andata in pensione, la seconda, Elisa Corsi, che ancora lavora nell’orditura a Montemurlo.

"Lavoro all’Orditura dal 2006 – ha detto Corsi interrogata dal pm – Ho quasi sempre lavorato senza la rete di protezione abbassata, per noi era la normalità. Non usare la protezione consente di vedere meglio il prodotto, se c’è un difetto o un problema. Ci possiamo avvicinare, anche quando la macchina gira a velocità sostenuta". "E oggi come lavorate?", ha chiesto il pubblico ministero. "Con le reti abbassate – ha replicato Corsi – La rete funzionava ma noi non la abbassavamo mai. Per praticità".

La donna ha quindi confermato che le sicurezza non venivano usate. Ha anche spiegato che la rete funzionava ma che non veniva usata solo per semplificare il lavoro. Non ha, però, saputo indicare chi abbia fatto il bypass elettrico che consentiva alla macchina di girare in modalità "lepre" (quella più veloce e pericolosa) sostenendo che "il tecnico manutentore era sempre stato Cusimano".

E Faggi, il marito della titolare? "Faceva qualche intervento basilare, tipo cambiare un alimentatore o un palo. Noi, invece, al massimo, cambiamo una punta". Ma chi ha fatto davvero quella manomissione? La donna – su domanda dell’avvocato Stefanacci – non ha saputo indicare se la ditta avesse un "elettricista di fiducia" o se altri tecnici avessero messo le mani sulla macchina che ha ucciso Luana.

Il processo, che si avvia verso le battute conclusive, è stato aggiornato a ottobre.

Laura Natoli