"Imprudenza tragica" Precipitò dal tetto Nessun colpevole per l’infortunio mortale

La Corte d’appello ribalta la sentenza del tribunale di Pistoia. Tutti assolti i tre ex dirigenti dell’inceneritore di Montale . Dodici anni fa la terribile caduta del muratore Salvatore Bennardo.

"Imprudenza tragica"  Precipitò dal tetto  Nessun colpevole  per l’infortunio mortale

"Imprudenza tragica" Precipitò dal tetto Nessun colpevole per l’infortunio mortale

Tutti assolti perchè il fatto non sussiste. Non ci sono colpevoli per la tragica morte di Salvatore Bennardo, il muratore pratese che il 13 settembre del 2011 precipitò da dieci metri d’altezza mentre stava facendo un sopralluogo sul tetto del capannone Maciste, nelle immediate vicinanze dell’inceneritore di Montale, in via Walter Tobagi, e che cedette all’improvviso. Il terribile infortunio, secondo la Corte d’appello, fu la conseguenza di una tragica imprudenza.

I giudici della Corte d’appello di Firenze, presieduta da Angela Fedelino, hanno riformato, ieri pomeriggio, la sentenza di primo grado che venne pronunciata il 13 novembre del 2018 dal tribunale di Pistoia. Come si ricorderà, il giudice monocratico Luca Gaspari aveva condannato a tre anni, per omicidio colposo: Giorgio Perruccio, all’epoca direttore generale del Cis, Graziano Tesi, dirigente dell’area territoriale del Cis e Maurizio Capocci, capoimpianto.

Le motivazioni della sentenza saranno rese note fra novanta giorni. A ricorrere in appello erano stati i tre difensori degli imputati: l’avvocato Cecilia Turco per Perruccio, l’avvocato Giuseppe Castelli per Tesi e l’avvocato Andrea Niccolai per Capocci. Bennardo, con la sua impresa edile che aveva sede a Figline di Prato, in via di Cantagallo, dove abitava con la sua famiglia, non era alle dipendenze del Cis.

I legali avevano articolato il loro ricorso su diversi profili formali.

"In attesa di leggere le motivazioni – ha commentato l’avvocato Cecilia Turco – e sottolineando la grande sofferenza, per tutti, generata da questa tragedia, possiamo ipotizzare che i giudici abbiano valutato la condotta, improvvida e imprevista, del lavoratore, che era salito non in condizioni di sicurezza, togliendosi la cintura. Un’imprudenza tragica".

La famiglia di Bennardo, che si era costituita parte civile nel processo di primo grado, assistita dall’avvocato Luca Brachi del foro di Prato, non era presente in sede di appello: la moglie e i figli, entrambi minorenni all’epoca della tragedia, sono già stati risarciti.

Quel tragico giorno di dodici anni fa, Salvatore Bennardo, che aveva 47 anni, era impegnato sul tetto di copertura dell’area di stoccaggio, il capannone Maciste appunto, dove stava effettuando un sopralluogo in previsione di una riparazione perchè la copertura era stata danneggiata dal forte vento. Quel giorno Salvatore e i suoi operai dovevano costruire un ponteggio per ispezionare il tetto e predisporre il preventivo. Dopo aver costruito il castelletto, Salvatore, come emerse dal primo processo, si sganciò la corda perchè era troppo corta e non gli avrebbe consentito di arrivare al tetto. Pochi istanti dopo la copertura si sbriciolò sotto i suoi piedi. La famiglia di Salvatore era già stata gravata, da terribili lutti. Sul lavoro aveva perso il padre e il fratello.

l.a.