
di Lucia Agati
"Il treno è sempre il treno". E’ il viaggio. E’ conoscenza. E può essere un sogno. Quello di un bambino di sei anni che lo vede, per la prima volta, attraverso i campi e non lo dimenticherà mai più. Rincorrerà sempre, da quel giorno, quella locomotiva a vapore fino a che, molti anni dopo, avrà sempre le mani e il viso sporchi d’olio e di carbone e sarà un uomo felice, perchè il sogno è diventato realtà dentro il Deposito Rotabili Storici, unico in Italia, a Pistoia. Pierluigi Ciantelli ha compiuto 50 anni il 31 maggio. E’ stato magazziniere in tante concessionarie d’auto, fino al 2013. Ma nel frattempo aveva cominciato a fare il volontario con l’associazione Italvapore, che era convenzionata con il gruppo delle Ferrovie dello Stato, e poi con la Fondazione Ferrovie dello Stato Italiane, nata proprio per promuovere il volontariato su beni d’epoca. Per Pierluigi, i treni d’epoca non hanno segreti.
Come è nata la sua passione per i treni?
"Tutto ha avuto origine da un trafiletto pubblicato su La Nazione di Pistoia una domenica del 1977: annunciava l’ultimo viaggio della “740-089“: Bologna, Pistoia, Firenze, la Faentina e poi il ritorno a Bologna. Avevo 6 anni e mio padre, Giovanni, mi disse “Si va a vedere“. Ci sistemammo nel campo di mio nonno, a Chiesina Montalese, per vederla passare. Non ho ho mai dimenticato quei quattro cerchioni bianchi. E’ un ricordo nitido, mai scalfito".
I motori sono sempre stati la sua passione però...
"Sono sempre stato preso dalle macchine, soprattutto da quelle vintage. Mi piacevano le cose vecchie. Nel 1976 mio padre portò a casa la Fiat 500 con gli sportelli a vento. Fui felice. Mi piaceva moltissimo. La patente l’ho presa con un maggiolino del 1966, con impianto a 6volts rimesso a posto da me. Era verde smeraldo. Verde Java, si diceva allora, e in garage ho sempre una vecchia Cinquecento da sistemare".
Quando è arrivata la svolta?
"Nel Duemila, quando ho partecipato al treno della Befana, da Firenze a Vaglia, che porta i passeggeri fino alla festa di San Piero a Sieve. C’è ancora. E’ un trenino 740-451. Un’esperienza bellissima ed è da lì che poi mi sono avvicinato al Deposito Rotabili Storici".
Quando ha sentito il bisogno di passare all’azione?
"Prima ho cominciato con la documentazione fotografica dei treni d’epoca. Ho fatto tredicimila foto. Ma poi la fotografia non mi è bastata più. Volevo dare un contributo mio ai treni storici. Volevo metterci le mani. Prima della Fondazione era tutto sotto Trenitalia. Così mi sono iscritto all’associazione Vaporitalia per poter partecipare, come volontario, ai restauri estetici".
E la fase successiva?
"E’ quella dell’“accudienza“. Perchè la macchina va accesa 24 ore prima, e quindi la notte. Bisogna buttare il carbone ogni ora e mezzo per tenere alta la pressione. Un accudiente, da solo, può tenere fino a quattro cinque macchine. Da volontario ho fatto i turni di notte".
E quando il sogno è diventato realtà?
"Nel 2013 è nata la Fondazione e si sono creati dei posti di lavoro e per me è stata la concretizzazione di un sogno. Oggi sono tecnico della manutenzione, ho fatto corsi di specializzazione e di aggiornamento. Qui c’è un gruppo di persone straordinarie, egregiamente dirette da Paolo Dallai, capo del Deposito, e che ringrazio perchè lui ha creduto in me. Lavoriamo per tutta l’Italia. Sono onorato di far parte di questa squadra con Roberto, Silvio, Matteo, Mattia, Pietro ed Elisabetta. Facciamo la manutenzione delle macchine a vapore e delle littorine che poi vengono utilizzate come treni storici e turistici".
Il treno è sempre il treno ....
"Questo è un mondo amatissimo. A Siena, pandemia permettendo, ogni domenica 400 persone fanno il giro della Val d’Orcia. E’ una linea chiusa al traffico regolare che attraversa un paesaggio meraviglioso offrendo scorci inediti, ma ci sono tante occasioni per trascorrere una giornata unica nelle stagioni più piacevoli, come la primavera e l’autunno".
Qual è il suo compito sulla locomotiva a vapore?
"Sono fuochista, abilitato alla condotta del fuoco. E’ necessario conoscere la linea e avere un rapporto di particolare affiatamento con il macchinista che deve avvisare quando arriva la salita per calibrare il fuoco, dosarlo. Le macchine le proviamo sulla Porrettana, fino a Piteccio. La Porrettana, con le sue curve elicoidali, è un’impresa: entri con Pistoia alle spalle ed esci con Pistoia davanti...una cosa incredibile, si gira all’interno della montagna".
L’emozione più forte?
"Il treno è come la punta di un iceberg. Non ci si immagina quello che c’è sotto. E’ un lavoro difficile. Un tempo si diceva, prima c’è la miniera e poi il calderaio. Ma questa è una squadra favolosa e l’impronta che è stata data dalla Fondazione è quella della passione per i treni e per la loro storia, che è fondamentale. L’emozione più grande è rimontare una macchina che è arrivata smontata. Poi gettare il fiammifero e vedere il fuoco e sentire le valvole di sicurezza soffiare. Ed è lì che abbiamo la certezza di aver fatto un buon lavoro".