Green pass al chiuso, i ristoratori si dividono

Nelle sale interne solo clienti "certificati": per qualcuno è l’unica soluzione possibile, ma c’è anche chi è preoccupato per l’applicazione

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La luce verde è pronta ad accendersi, anche se restano da sciogliere gli ultimi dubbi e limare alcuni dettagli. Ma tutto lascia pensare che questa settimana il consiglio dei ministri darà il via libera per l’entrata in vigore delle nuove regole riguardanti il green pass, che sarà necessario per i luoghi al chiuso dove il pericolo che il virus corra più velocemente è alto. Tutto questo per contrastare l’aumento dei contagi, dovuto soprattutto al diffondersi della variante Delta. E allora niente congressi, manifestazioni sportive, fiere, convegni, concerti, spettacoli teatrali, spostamenti in aereo e treno per chi non ha il documento verde. Nel calderone potrebbero finirci anche bar e ristoranti: vietati quindi pranzi e cene nelle sale interne dei locali se sprovvisti di green pass, che si ottiene se si è già contratto il Covid negli ultimi sei mesi, presentando un tampone negativo (ma in questo caso la validità è di appena due giorni) o se si è completato il ciclo vaccinale.

Proprio quest’ultimo punto è quello cruciale: l’obiettivo è di incoraggiare chi ancora non l’ha fatto a sottoporsi alle iniezioni, così da consentire al Paese di avvicinarsi alla tanto agognata immunità di gregge. Un obiettivo che sembra dividere buona parte dei pubblici esercenti pistoiesi quando si chiede un parere sull’ipotesi green pass obbligatorio per accedere alle loro attività.

"Sono assolutamente d’accordo – dice Nicola Giuntini, titolare del ristorante Bono di Nulla in via del Lastrone – Bisogna pensare innanzitutto alla salute, sia di chi lavora, sia dei clienti. E sinceramente non capisco né le motivazioni di chi non si vuol vaccinare, né quelle dei miei colleghi che sono contrari a questo scenario. E’ l’unico modo per cercare di uscire dall’incubo in cui siamo piombati 18 mesi fa e per evitare nuove chiusure, che rappresenterebbero un dramma e forse anche la cessazione di tante imprese".

Sulla stessa falsariga il commento di Cristian Bernardinelli della caffetteriapasticceria Cri’S Bakery in via dei Fabbri: "A mio avviso può essere una buona iniziativa. C’è da capire però come verrà messa in pratica, se attraverso un controllo da parte di noi esercenti oppure attraverso l’installazione all’entrata di un dispositivo in grado di leggere il Qr code riportato sul green pass. Nel primo caso diventerebbe tutto più complicato, mentre nel secondo ci sarebbero delle spese da sostenere, ma quantomeno l’operazione risulterebbe più comoda e veloce".

Di tutt’altra idea Stefano Olmi dell’osteria La BotteGaia in via del Lastrone: "Mi sembra assurdo che stiano pensando di imporci questo. Non solo ci complicherebbe il lavoro, dato che dovremmo costantemente verificare che i clienti siano in possesso di un vero green pass, ma potrebbe anche creare delle situazioni poco piacevoli fra noi e la clientela. Mi auguro che non si arrivi a tanto".

Meno drastica, ma pur sempre contraria, la posizione di Alessia Paoli, titolare del Café Le Blanc sulla Sala: "Partendo dal presupposto che non comprendo come mai la gente non voglia vaccinarsi, non ritengo per niente giusto questo provvedimento. Per le nostre attività sarebbe un ulteriore rallentamento di cui non sentiamo assolutamente il bisogno in questo momento".

Francesco Bocchini