Una proroga ritenuta "gravemente illegittima" e in quanto tale a rischio d’essere contestata per le vie legali e dunque impugnata. Non è evidentemente fatta per vivere momenti di quiete la faccenda della Fondazione Marino Marini di Pistoia e quindi del suo successivo commissariamento deciso dal prefetto Licia Donatella Messina. Un nuovo documento infatti si è aggiunto nelle ultime ore all’interminabile carteggio tra gli uffici prefettizi pistoiesi e lo studio legale romano incaricato dall’ex presidente dell’ente intitolato al maestro, Carlo Ferdinando Carnacini. Destinatario della missiva il Prefetto di Pistoia.
Nelle sei pagine redatte dagli avvocati una dettagliata contestazione alla relazione tecnica dello scorso agosto nella quale si evidenziavano i profili di irregolarità riscontrati in particolare in materia di contabilità, gestione titoli, spese legali e nomina del Collegio dei revisori.
È sul capitolo "bilanci" che si sofferma la lettera, con riferimento agli anni 2020, 2021 e 2022, risultati mancanti nella relazione del Commissario straordinario Raffele Ruberto.
In sostanza, contestano i legali, il bilancio 2020 risulterebbe regolarmente approvato. Diverso il ragionamento per il bilancio 2021 che sarebbe stato sì predisposto, ma non approvato e non per "inadempimenti imputabili all’organo amministrativo", ma per l’"inerzia nelle nomine da parte dei soggetti competenti, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Ministero". A cascata dunque, mancando il 2021, anche il 2022, pur predisposto, è rimasto in un cassetto.
"La Fondazione si è ritrovata nell’impossibilità di approvare il bilancio relativo al 2022 a causa della mancata ricostituzione del Collegio dei revisori e del Consiglio di amministrazione, non imputabile al presidente Carnacini".
Il documento poi si sofferma su questioni più tecniche quali la gestione e il rendimento dei titoli e i costi relativi alle consulenze – "le spese legali sostenute dalla Fondazione sono giustificate dai ben noti ricorsi straordinari attualmente pendenti dinanzi al Consiglio di Stato" –, infine sull’assenza dell’organo di controllo.
All’origine del "vuoto", spiegano i legali, l’acquisizione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (da Statuto della Fondazione originariamente indicata quale componente del cda e dunque responsabile della nomina), da parte del Gruppo Intesa Sanpaolo e il relativo dubbio su chi dovesse essere il soggetto idoneo a pronunciarsi.
Stesso copione per la nomina che sarebbe dovuta spettare all’Ordine dei commercialisti, soppresso, con la successiva istituzione del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Tutti eventi, si legge, la cui responsabilità "non è imputabile a Carnacini" e per la cui risoluzione lo stesso Carnacini si sarebbe in quel periodo prontamente attivato.
l.m.