
Diversificazione. E’ questa la parola chiave dell’azienda Mati 1909. Diversificare per trovarsi pronti a un mercato e a un mondo che cambia veloce. "Cambia e si complica – precisa Francesco Mati – ogni anno più velocemente rispetto alla capacità di adattamento delle aziende".
La cosiddetta resilienza.
"Proprio quella. Ecco perché ormai da oltre vent’anni nella nostra azienda si parla di cambiamenti e diversificazione".
Quando è iniziato questo percorso?
"Le prime idee in tal senso risalgono al 1995, quando decidemmo di dare un’accelerazione all’attività di studio e progettazione di giardini. Un procedimento culminato nel 1999 con l’apertura della ‘Giardineria italiana’".
Il ristorante Toscana Fair quando è arrivato?
"Nel 2013: sembra ieri ma sono quasi passati dieci anni. L’anno successivo, poi, abbiamo deciso di puntare sull’Accademia italiana del giardino".
Fino all’acquisizione della Cooperativa di Legnaia.
"L’ultima entrata nel gruppo Mati, nel 2021. Una bella scommessa che ha contribuito in modo sostanziale al processo di diversificazione. Quest’anno Legnaia ha rappresentato il 40% circa del nostro fatturato, la Giardineria il 30, l’azienda vivaistica il 20, mentre il rimanente 10 è diviso in parti uguali tra l’attività di ristorazione e l’Accademia. Il nostro obiettivo è chiaro: dipendere sempre meno dalle piante e dai loro prezzi, continuamente in calo".
Quanto ha risentito l’azienda della difficile situazione internazionale?
"Sul fronte del caro energia, tanto. Come tutti. Meno dal punto di vista del calo di vendite, perché per scelta ormai da anni guardiamo più al mercato locale che a quello internazionale".
In controtendenza rispetto ai "big" del settore.
"Probabilmente è così. Ma crediamo che il mercato nazionale sia soggetto a meno variabili e lasci minori margini di rischi. Detto questo, la crisi internazionale fa male a tutti, a partire dalle grandi aziende. E se soffrono i grandi… Il settore è fortemente interconnesso: se s’inceppa un anello, tutta la filiera rischio di scivolare verso il basso".
Che 2023 vede?
"Credo che l’anno che verrà abbia potenzialità immense. Sia per quanto riguarda le risorse connesse al Pnrr, sia per il fatto che viviamo ancora l’onda lunga post-lockdown, con le persone che hanno scoperto l’importanza del verde dal punto di vista funzionale e terapeutico".
E’ ottimista quindi?
"C’è una variabile importante. Si chiama burocrazia. Il 2023 può avere potenzialità immense se gli enti pubblici riusciranno a mettere un freno a questo mostro che paralizza le aziende".
Questo in generale. E per l’azienda di famiglia?
"Negli ultimi anni, e nel 2022 in particolare, abbiamo seminato molto. Sono convinto che i primi frutti si vedranno presto".
Davide Costa