REDAZIONE PISTOIA

Da Maresca all’Everest, la straordinaria avventura di Daniele Pacelli

E’ stato l’unico della sua spedizione, che comprendeva 350 alpinisti, a raggiungere il campo base dal versante Nepalese

Quello che porta da una comoda casa agli 800 metri di Maresca fino ai 5644 dell’Everest, è sicuramente un viaggio attraverso luoghi di rara suggestione, ma ancor prima è un viaggio interiore. Lo sa bene Daniele Pacelli che questo viaggio l’ha appena affrontato. Armato di curiosità e bandierine con il logo della Montagna Pistoiese, è partito da Pisa per Kathmandu, un nome che basta da solo a evocare suggestioni mistiche difficili per noi occidentali. Dalla capitale del Nepal il viaggio prosegue in aereo fino a Lukla, città dotata di un aeroporto non comune con la sua pista in salita, lunga poco più di 500 metri. Vi atterrano solo bimotori turbo elica capaci di portare al massimo una trentina di passeggeri. Già questa un’avventura. Il viaggio vero inizia qui, dai 2846 metri di Lukla, per raggiungere il campo base dell’Everest, sul versante nepalese, con 13 giorni di cammino in condizioni sempre più difficili. Dei 350 alpinisti arrivati a Lukla assieme a Daniele, lui solo è arrivato a destinazione. Quella strada è nata dopo i numerosi tentativi di raggiungere la vetta dell’Everest dall’accesso sud est, quello nepalese. Il primo tentativo risale al 1951, l’anno seguente un medico svizzero, Edouard Wyss-Dunant con René Dittert come capo guida, arrivò a 200 metri dalla vetta e inaugurò la via percorsa da Pacelli. La prima ascensione fu quella che il 29 maggio 1953 portò il neozelandese Edmund Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay, fin sulla vetta. Molti anni dopo, l’8 maggio 1978, Reinhold Messner e Peter Habeler compirono la prima salita senza ossigeno. Quindi fino al 1951 del percorso seguito dal nostro camminatore marescano non esisteva traccia. A ogni tappa, oltre a donare ai bambini materiale per disegnare e scrivere, Daniele ha disseminato di bandierine "montanare", i pennoni incontrati lungo il percorso; lasciando un poco di Appennino pistoiese sul tetto del mondo. Daniele è un camminatore appassionato, lo si vede spesso assieme alla moglie Stefania, per boschi e monti. "Sono necessarie una preparazione specifica e un buono spirito di adattamento – racconta – si mangia quello che c’è, si dorme in rifugi spartani, il più alto è a 5364 metri, poi c’è solo l’immensità della montagna. Con la guida e lo sherpa sono arrivato fino a 5644. Durante il viaggio si incontra gente sorridente e si impara a essere in pace con se stessi. Il problema lo si incontra al ritorno quando si devono fare i conti con il rumore, al quale non siamo più abituati e del quale non c’è un gran bisogno, ma lo si capisce dopo. "Attraversare il Nepal vuol dire fare un viaggio attraverso una religiosità quasi palpabile, se ne percepisce la potenza a ogni passo. Via via, lungo il cammino gli agglomerati sono sempre più piccoli, non credo si possano chiamare paesi, gli abitanti sono induisti e buddhisti, tutti con una grande serenità. Si parla poco, ma ci si capisce bene. E’ una grande esperienza di vita della quale sono felice. Sono partito cercando un viaggio particolare, ricco di sfumature. Sono state forti e, conoscere la realtà di un mondo così diverso dal nostro – conclude –, ti cambia qualcosa dentro. Il bagaglio con cui torni è enorme".

Andrea Nannini