Colpo di scena dalla Cassazione: stop al fallimento dei vivai Bruschi

Imposto l’alt dopo la decisione della Corte d’Appello fiorentina dell’ottobre 2018: tutto torna in discussione "L’imprenditore agricolo non è soggetto a tale provvedimento se non ha attività commerciale prevalente"

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Dopo quattro anni e mezzo dal pronunciamento della Corte d’Appello di Firenze, arriva un colpo di scena nella vicenda del fallimento della "Vivai Sandro Bruschi" che, nel momento in cui divenne di dominio pubblico, scosse tutto il mondo del vivaismo pistoiese. C’è voluto questo lasso di tempo, infatti, per arrivare alla sentenza della Corte di Cassazione che ha imposto l’alt al fallimento dichiarato nell’ottobre 2018 dal tribunale fiorentino dopo la pronuncia di quello di Pistoia in seconda istanza. Adesso tutto torna in discussione, anche perché nel frattempo i creditori sono andati avanti nel loro iter per cercare di poter riavere quanto vantavano nei confronti della realtà imprenditoriale fino al successivo acquisto di ramo d’azienda da parte della Giorgio Tesi Group che ha aperto un ulteriore procedimento, stavolta penale, per bancarotta fraudolenta. "La Suprema Corte ha motivato la propria decisione affermando che l’imprenditore agricolo non è soggetto a fallimento nel caso in cui svolga una attività commerciale accessoria che non abbia assunto carattere di prevalenza rispetto a quella agricola – afferma l’avvocato di Sandro Bruschi, Marco Baldassarri, che lo ha assistito assieme all’altro legale Pierpaolo Ciccarelli – è pacifico, infatti, che svolgesse in assoluta prevalenza attività di natura agricola e, dunque, non sussistevano i presupposti per la dichiarazione di fallimento di una delle più note ed affermate aziende vivaistiche del territorio pistoiese".

"Il provvedimento pone rimedio ad una ingiustizia consumata in danno di Sandro Bruschi – aggiunge –, ma soprattutto ribadisce un principio che va a vantaggio della intera categoria degli imprenditori agricoli, che in questo modo vede riconosciuta una sua speciale autonomia e peculiarità rispetto alle ordinarie imprese commerciali". Adesso l’iter giudiziario prevede che si torni in Corte d’Appello a Firenze ed attendere una nuova sentenza anche se, visti i tempi della giustizia, potrebbero volerci parecchi mesi. "La pronuncia della Corte di Cassazione non ristora Bruschi per tutte le sofferenze patite in questi anni – prosegue l’avvocato Baldassarri – che hanno segnato in modo indelebile la sua esistenza, così come le sue relazioni personali e professionali. E’ evidente che a seguito della decisione della Corte, adotterà tutte le iniziative previste dall’ordinamento per il risarcimento di tutti i danni subiti in particolare nei confronti di chi con pervicacia ed incomprensibile avversione ha preteso che ne venisse dichiarato il fallimento pur in assenza, oggi conclamata, dei presupposti di legge".

Oltre all’asta giudiziaria oramai dietro l’angolo in programma lunedì che bandisce i beni dell’azienda sia in città che in provincia di Pisa, l’eventuale conferma del mancato fallimento potrebbe avere ripercussioni anche sul processo di primo grado in corso in tribunale che si è aperto da poco visto che il rinvio a giudizio risale alla fine di aprile scorso. "Prendiamo atto della sentenza – dice l’avvocato Andrea Niccolai del Foro di Pistoia che, assieme all’altro legale Sabrina Simone, difende Fabrizio Tesi, uno degli imputati per bancarotta fraudolenta in concorso con lo stesso Bruschi oltre a Lorenzo Marchionni e Marco Cappellini – sapendo di essere estranei alla condotta distrattiva che vede coinvolto Bruschi. E’ chiaro che se la Corte d’Appello dovesse revocare il fallimento cambierebbe completamente anche la panoramica del processo penale in corso".

S.M.