
Daniele Maiorino è stato arrestato nel gennaio scorso ella foto, il suo arrivo in carcere
PISTOIA
Per la pubblica accusa la prova della sua colpevolezza è così evidente che non c’è bisogno di passare il vaglio dell’udienza preliminare e Daniele Maiorino, accusato di aver assassinato il cognato Alessio Cini, comparirà direttamente in Corte d’Assise. Sarà davanti ai giudici popolari, in aula bunker, a Firenze, alle 9.30 del 19 novembre 2024, assistito dagli avvocati Katia Dottore Giachino e Fulvia Lippi del foro di Prato. Questo è l’esito della richiesta di giudizio immediato presentata al giudice per le indagini preliminari dal magistrato che ha diretto le indagini dei carabinieri su questo atroce delitto, sostituto procuratore della Repubblica Leonardo De Gaudio.
L’ordinanza con cui Maiorino era stato arrestato, il 18 gennaio scorso, aveva superato il ricorso al tribunale del Riesame e in Cassazione. L’uomo, nato a Prato il 17 gennaio del 1966 e residente alla Ferruccia di Agliana, in via Ponte dei Baldi 56, si trova tuttora in carcere. È accusato dell’omicidio aggravato del cognato Alessio Cini: "Di averlo colpito con una spranga alla testa e di avergli inferto plurimi colpi al torace, dandogli fuoco, cagionandone con crudeltà la morte".
Tutto questo all’alba dell’8 gennaio scorso proprio in quella via di Ponte dei Baldi dove Maiorino e Cini risiedevano, a pochi metri l’uno dall’altro: Maiorino con la moglie e la figlia e Cini, separato da Katiuscia Carrone, sorella della moglie di Maiorino, con la figlia adolescente. La casa, una villetta con tre appartamenti, era stata costruita dai genitori delle due sorelle Carrone e l’appartamento in cui vivevano Cini e la figlia sarebbe andato all’asta di lì a poco per debiti non della vittima.
Cini, che aveva 56 anni ed era un tecnico tessile della Microtex di Prato, azienda per cui lavorava da moltissimi anni, proprio in quei giorni stava cercando un appartamento più piccolo dove andare a vivere con la figlia. Maiorino, secondo l’accusa passò all’azione mosso da un movente economico: puntava a ottenere l’affidamento della figlia di Cini che, secondo lui, avrebbe ereditato il patrimonio del padre derivato da una recente eredità. Quella mattina, come si ricorderà, Alessio Cini uscì di casa prestissimo per andare a riempire una tanica di benzina a un distributore vicino.
L’agguato gli fu teso al suo rientro, sotto casa. Fu colpito con violenza alla testa e poi ancora, più volte, al torace. Ed era ancora vivo quando fu cosparso di benzina e incendiato proprio con il liquido contenuto in quella tanica. Il bagliore delle fiamme fu ripreso dalla videocamera del vicino di casa. Determinanti, nelle indagini, le riprese delle telecamere di videosorveglianza e le intercettazioni ambientali dove l’imputato, solo in macchina, descrive a se stesso dettagli dell’omicidio che soltanto lui poteva sapere.
l.a.