REDAZIONE PISTOIA

Alberi, un patrimonio da curare: "Ma ora è il momento di pianificare"

L’agronomo Lorenzo Vagaggini descrive la situazione in città: "Ci sono stati decenni di potature selvagge". Oggi però i cittadini difendono il verde. "Puntiamo su specie che resistano allo stress idrico e inquinamento".

Alberi, un patrimonio da curare: "Ma ora è il momento di pianificare"

L’unico imperativo? Pianificare. Orientarsi cioè verso una programmazione – tra manutenzioni e messe a dimora – che in tema di alberi e città guardi ai prossimi dieci, quindici anni. Solo così è possibile aver chiaro lo stato del patrimonio arboreo sul territorio, solo così è possibile procedere in maniera organica, ottimizzando le risorse, organizzando con prezioso anticipo le forniture coi vivai ma soprattutto dando conto di una programmazione ragionata, fatta con criterio, che anche il cittadino possa comprendere. "Devo dire che questo approccio è decisamente minoritario in Italia: poche sono le amministrazioni che hanno scelto la strada di una pianificazione a lungo termine". È con il presidente dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali, Lorenzo Vagaggini, che cerchiamo di fare ordine in una questione che negli ultimi giorni è letteralmente esplosa in città con i numerosi interventi di taglio d’alberi che stanno interessando diverse zone della città. E che non pochi mal di pancia stanno provocando.

Tagli e potature: quand’è il momento di procedere e come? "Prima una premessa. Il nostro patrimonio arboreo risale ai primi del ‘900, fortemente implementato negli anni 20 e ’30, per poi proseguire in modo irrazionale negli anni del boom edilizio. Stiamo parlando quindi di alberi di più di 90 anni. Piante potenzialmente ben più longeve ma costrette a fare i conti con la loro condizione: quante volte nel corso della loro vita avranno subito uno scavo tecnologico ai loro piedi, un trauma, un urto? Quante volte un’auto vi avrà sbandato contro, quante volte un escavatore avrà graffiato il tronco? C’è poi il capitolo manutenzione, con decenni di potature irrazionali che hanno finito per tarpare la pianta stessa. Mi vengono in mente i tigli di piazza Mazzini. Totem più che alberi. Questo è accaduto non a causa degli interventi più recenti, ma di quelli più datati. Prima si potava pensando che eliminare le branche di grandi dimensioni significasse ridurre il rischio dei crolli. In realtà si faceva il male della pianta: questi tagli hanno permesso l’ingresso di patogeni che da subito hanno contribuito alla degradazione. Tuttavia non si può ignorare la necessità di cure colturali in ambiente urbano, dato questo che si scontra anche con la profonda sensibilità dei cittadini sul tema. Ecco, penso che tutti gli interventi di messa a dimora e manutenzione dovrebbero essere sempre progettati, diretti e monitorati da figure professionali a ciò deputate, dottori agronomi e forestali, e che occorrerebbe una programmazione dilatata quando si parla di verde urbano. Ciò consentirebbe di gestire in modo più ragionato il tutto e anche di comunicare all’esterno la bontà degli interventi".

Abbattimenti e messe a dimora: c’è una proporzione da rispettare?

"Quantità non è detto che equivalga a qualità, occorre un giusto bilanciamento. Per la qualità dobbiamo aver presente che il lavoro impostato oggi darà i suoi frutti tra molti anni quindi andrà calibrato sulle possibili condizioni dell’ambiente tra cinquant’anni. Oggi ad esempio si orienta la scelta su specie che abbiano maggiore resistenza allo stress idrico, all’inquinamento urbano. Le variabili cui sono sottoposti i progetti sono molteplici e riguardano la scelta corretta delle specie, la coerenza del progetto, la qualità del materiale vivaistico, la professionalità delle ditte del verde e, sembrerà banale, la predisposizione di impianti di irrigazione. Perché se una pianta non la si annaffia, muore. Infine un appunto sulle specie esotiche. Non ci si stupisca di trovarne in città: è dai tempi dei giardini pensili di Babilonia che ci si diletta nella coltivazione di specie non autoctone ed è poi con i Medici che nasce l’orto botanico, collezione di specie da tutto il mondo".

Patrimonio arboreo a Pistoia: ne abbiamo abbastanza?

"Non è mai sufficiente. Se penso agli ultimi anni non ho ricordo di grandi impianti. Tolto il progetto al ponte Europa, principalmente una riqualificazione dell’esistente, e quello molto ambizioso di Gea, il resto è gestione dell’esistente. Certamente il patrimonio oggi disponibile è importante e assorbe tutte le energie degli uffici, ma le potenzialità andrebbero oltre. La sfida di tecnici e amministratori è riscrivere lo spazio urbano e non piantando un milione di alberi, ma ripensando le nostre strade e i nostri spazi. Infine la presa d’atto di una contraddizione che scaturisce guardando alle fallanze tra un platano e l’altro su viale Adua: tutti abbiamo a cuore gli alberi, ma come parcheggiamo volentieri dove prima c’era un albero…".

linda meoni