REDAZIONE PISTOIA

"Abituarsi al bello, un’azione civile altissima"

Conversazione con Renata Palminierllo, ideatrice e protagonista, oggi al Bolognini, di "Grandi discorsi", una produzione Atp

Libertà e poi giustizia, e poi ancora tutta quella serie di diritti umani talvolta calpestati, vilipesi, dimenticati, offesi, per il cui rispetto molti hanno pagato con la vita. Portare il carico di un fardello così imponente e fragile è toccato negli anni più vicini a noi a personalità che hanno lasciato il segno, fosse la scrittrice Virginia Woolf o il padre costituente Piero Calamandrei o l’attivista statunitense Martin Luther King, tutti al centro dei "Grandi discorsi" di Renata Palminiello, produzione Atp che ha iniziato con le rappresentazioni al Bolognini di Pistoia dove prosegue oggi (ore 16), 13 (ore 21) e 14 novembre (ore 16), per poi spostarsi al Pacini di Pescia il 20 novembre (ore 21) e a Villa Smilea, Montale il 21 (ore 21). Iinfo e prevendite: www.teatridipistoia.it

Un "inno alla memoria e alla potenza della parola" decantato attraverso otto grandi discorsi (la suffragetta inglese Emmeline Pankhurst, la scrittrice Virginia Woolf, i due politici italiani Bianca Bianchi e Piero Calamandrei, Martin Luther King Jr, il deputato Harvey Milk, il giudice Paolo Borsellino, il bambino operaio pakistani Iqbal Masih) che vede impegnati sul palco e nel progetto Maria Pasello Bacci, Carolina Cangini, Stefano Donzelli, Marcella Faraci, Sena Lippi, Elena Meoni, Mariano Nieddu e Renata Palminiello.

Con lei abbiamo indagato sul senso del fare teatro civile: "Molti pensano che sia meno difficile interpretare una persona e non un personaggio, in realtà il lavoro di testimonianza implica una grande analisi personale che aiuti a capire cosa di questo discorso passa attraverso di te. Io stessa mi sono accorta di tutto questo solo quando mi è toccato sostituire uno degli interpreti. All’inizio è stato come se non misurassi bene la difficoltà di fare questo pur dirigendolo". Come sono stati scelti gli otto grandi discorsi? "Sono tutti incentrati sul tema dei diritti umani. Ai ragazzi durante una delle prime rappresentazioni ho chiesto se tra i grandi discorsi ne mancasse qualcuno in particolare: mi è stato detto che no, non mancava nulla e questo mi ha molto gratificato. Prima si è creato il gruppo, poi la scelta dei discorsi a partire da materiale che non avesse intenzione accusatoria nei confronti dell’uditorio. Vogliamo ritrovare la relazione col pubblico, c’è sempre una sollecitazione di una responsabilità comune. Nessuno si arroga nessun tipo di presunzione di verità".

Cosa le restituisce lavorare con e per i ragazzi? "Per me è una felicità e una ricchezza estrema, nel senso, nella vitalità e nella responsabilità. Questo fatto dei ragazzi di non sentirsi mai arrivati è bello, stimolante". Quanto c’è bisogno oggi di teatro civile? "Teatro civile lo si può fare in più modi, ma io penso che veri effetti rivoluzionari si producono solo nel modo nel quale si lavora e ci si relaziona col pubblico. Se una persona quando va a vedere uno spettacolo incontra la propria necessità di essere lì, si abitua al bello e poi continua a cercarlo, ecco che allora si è fatta un’operazione civile altissima".

linda meoni