Scimmie paralizzate tornano a camminare grazie a un chip

Al progetto ha lavorato anche Silvestro Micera della Sant'Anna

Silvestro Micera

Silvestro Micera

Pisa, 9 novembre 2016 - Straordinario risultato della ricerca scientifica. Due scimmie sono tornare a camminare dopo una lesione spinale: è stato possibile grazie a un ‘by-pass’ wireless capace di raccogliere gli impulsi elettrici nel cervello e inviarli a un chip impiantato nel midollo, ‘scavalcandò il tratto interrotto. Il lavoro coordinato da Grégoire Courtine, dell’Istituto di Tecnologia di Losanna (Epfl), e il contributo degli italiani Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Epfl, e Marco Capogrosso, di Epfl, è stato pubblicato su Nature e potrebbe portare entro 5 anni alle sperimentazioni cliniche sull’uomo.

«Quando camminiamo - ha spiegato Micera - il nostro cervello invia, attraverso il midollo spinale, dei comandi per attivare i muscoli. Ma se c’è una lesione nel midollo la trasmissione si interrompe e le indicazioni dal cervello non raggiungono i muscoli. Quello che siamo riusciti a fare è stato ripristinare il collegamento in modo artificiale». Per farlo i ricercatori hanno impiantato, nella regione della corteccia cerebrale del coordinamento motorio, degli elettrodi capaci di inviare a un computer gli impulsi prodotti dal cervello. I dati in arrivo vengono elaborati e inviati a un altro dispositivo impiantato nel midollo spinale, a valle della lesione, permettendo così l’arrivo dei segnali ai muscoli. Il successo, il primo a farlo inviando i segnali cerebrali attraverso un chip impiantato nel midollo, è stato ottenuto su due scimmie paralizzate che hanno ripreso a camminare in pochi giorni. Un lavoro pionieristico che promette di avere presto importantissime ricadute sull’uomo perché uno dei punti di forza dell’esperimento è quello di aver usato tutti dispositivi già approvati, a quasi, per l’utilizzo sull’uomo. «Impiantare elettrodi direttamente nel cervello e nel midollo spinale richiede attenzioni extra che sono allo studio - ha aggiunto Micera - ma in linea di principio traslare sull’uomo il lavoro già fatto non richiederà molto tempo. Già sono stati autorizzati studi clinici per alcuni aspetti del lavoro». Dal 2006, anno del primo esperimento pensato per registrare con elettrodi l’attività cerebrale per muovere un braccio robot, i progressi nel settore sono stati rapidissimi tanto anche secondo esperti estranei allo studio, come Andrew Jackson, dell’istituto di neuroscienze dell’università di Newcastle, i primi dispositivi sull’uomo potrebbero arrivare già entro 5 anni.