"Voleva causare un disastro con danni enormi"

La pm Flavia Alemi su Giacomo Franceschi, l’ex volontario dell’antincendio boschivo: "Profondo conoscitore del luogo. Colpo studiato"

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di Antonia Casini

Lui, stavolta, non è in aula. "Solo per precauzione", spiega il suo avvocato, Mario De Giorgio, "visto che aveva un piccolo malessere". Ma ci sono le sue parole riferite e commentate e il suo comportamento ricostruito, che per la pm Flavia Alemi (in Tribunale è presente anche il procuratore Alessandro Crini), valgono tutte le accuse. Rogo del Serra. Per gli inquirenti fu lui, l’ex volontario Gva di Calci, Giacomo Franceschi, che compie 40 anni quest’anno, ad appiccare il fuoco la notte del 24 settembre 2018.

Un incendio che si mangiò oltre 1200 ettari di bosco, "con scintille arrivate fino a Cascina", ha ricordato il pubblico ministero. Che ha cominciato la sua requisitoria sottolineando "la straordinarietà delle circostanze": "Raffiche di vento a 80-90 km orari", ma puntando anche sul fatto che era "un lunedì sera con tutti gli esercizi pubblici chiusi. L’unico aperto lo era per un evento privato. Non c’era nessuno in giro. L’allerta meteo era stata divulgata da giorni e il punto di partenza delle fiamme non era visibile dagli abitati. Inoltre, i mezzi aerei per lo spegnimento di notte non lavorano (quello del 15 settembre, proprio grazie agli elicotteri fu domato in una mezza giornata)". Tutti elementi che hanno fatto concludere alla dottoressa Alemi che dietro, ci fosse "un profondo conoscitore del luogo e una persona che voleva causare un disastro e il maggior danno possibile". "Ci aveva pensato...". Anche le conseguenze, dunque, "furono eccezionali". Distrutte 11 case, di cui 4 inagibili, evacuate due interi paesi, Montemagno e Noce (700 persone), interessati 5 comuni.

Quindi, la pm ripercorre le testimonianze e il momento dell’allarme quella notte. Fu la figlia del proprietario del ristorante le Porte ad accorgersi per prima di "una lucina". Ma fu proprio l’imputato a telefonare per primo a Federico delle Sedie, il presidente dell’associazione antincendio boschivo. Poi l’innesco che non sarebbe stato "diretto" anche "per poter eventualmente, se avesse incontrato qualcuno per strada, avere il tempo di tornare e toglierlo".

I sospetti. "Da subito ci siamo concentrati su tre categorie: i cacciatori, i piromani e i volontari (il desiderio di contribuire a spegnere le fiamme può trasformarsi in una sorta di fissazione), facendo approfondimenti anche su qualcuno delle prime due che però non avevano portato a nulla. C’era rimasta una sola pista. Franceschi è nel Gva dal 2005, è membro del consiglio direttivo, non ha un lavoro, ed è l’unico, ed è sempre lì, in sede". Decisivo sarebbe stato anche il precedente del 15 settembre. Con il racconto del viaggio intrapreso sul Monte per andare a prendere l’acqua e a trovare gli elicotteristi che non convince, "gli orari non tornavano". E le telecamere che riprendono la Panda celeste della madre, scoperta solo in un secondo tempo. Ma per la Procura anche l’atto di dolore recitato da Franceschi più volte sarebbe "una preghiera-confessione". "A novembre l’imputato comincia a organizzarsi, butta giù la descrizione dello scooterista con il motorino rosso che avrebbe visto prima dell’incendio del 15 e si mette il foglio nel portamonete per non rischiare di contraddirsi nei successivi racconti e poi si prepara su che cosa dire sulla notte del 24. Il 28 novembre chiede alla sorella, ‘ci vediamo così mi aiuti a cambiare la scheda del telefono’".

Le richieste verranno formulate il 27 gennaio, quando si partirà al mattino per un’udienza lunghissima.