ANTONIA CASINI
Cronaca

"Tensostrutture all’aperto e ingressi contingentati"

Pandemia, la Pubblica Assistenza pisana corre ai ripari: "Doveroso difendere i presìdi sanitari sul territorio. Saranno mesi difficili, non ci sono alternative"

di Antonia Casini

Preoccupazione, responsabilità e appello a tutti per limitare i contagi e proteggere gli importanti presidi sanitari locali. Pubblica assistenza costretta a istituire una sorta di numero chiuso nelle sue sedi e a montare strutture per l’attesa all’esterno, così come accade già negli ospedali, causa aumento dei casi sul nostro territorio (venerdì erano, quelli nuovi, oltre 30 solo su Pisa città, 12 ieri): ora, oltretutto, che la stagione fredda e dei malanni incombe.

Presidente Alessandro Betti, questa decisione non sarà stata facile.

"C’è grande preoccupazione che vorremmo condividere con tutti i nostri soci (8300, l’anno scorso erano 10800 ma il Covid ha rallentato anche il tesseramento) e, in generale, con i cittadini. Inoltre da una parte si reclama di poter “vivere” ognuno nella personale libertà, dall’altra siamo impauriti dai contagi".

Lei che cosa pensa?

"Possiamo rispondere soltanto con un esercizio virtuoso e personale di responsabilità a cui richiamo tutti; verso di noi e, non dimentichiamolo, verso gli altri".

Come vi organizzerete?

"Con il massimo di attenzione e di responsabilità per i nostri volontari (300 quelli attivi) e i cittadini; in particolare per le persone anziane e più fragili magari con patologie che vengono e verranno nelle nostre sedi sul territorio. Abbiamo già scritto a tutti i medici che ricevono e visitano i loro pazienti nelle nostre sedi, invitandoli a puntare su un’organizzazione e una programmazione degli appuntamenti ancora maggiori. Non tutti lo hanno capito; ma lo capiranno, spero".

E operativamente che cosa cambia?

"Da metà della prossima settimana, terremo chiuse le porte di ingresso delle nostre sedi e faremo accedere una sola persona alla volta, se ha un appuntamento e dichiara di non avere sintomatologie, come da protocollo Covid19".

Porte chiuse?

"Ogni anno, dalle nostre sedi già passavano 200mila persone. Numeri che oggi non sono conciliabili con il rischio del virus. E poi i nostri centralini, a differenza di prima, sono tempestati di richieste “urgenti” per il vaccino antinfluenzale. I nostri sono luoghi di incontro sul territorio tra la medicina di famiglia e i bisogni quotidiani dei cittadini e dobbiamo averne grande cura".

E allora?

"Installeremo tensostrutture di fronte agli ingressi delle nostre sedi, ma non sarà possibile ovunque. Sia perché non ne abbiamo così tante, sia perché in alcune non c’è lo spazio come a Pontasserchio e Riglione".

Quindi?

"Chiederemo ai sindaci di darci una mano".

Saranno mesi difficili.

"Temo di sì ma non ci sono scorciatoie se non vogliamo precipitare di nuovo nella pandemia e in un temibile, nuovo lockdown. Noi siamo impegnati quotidianamente per la comunità ma abbiamo bisogno - come non mai - di un più forte senso di responsabilità da parte di tutti".