Il thriller politico pisano alla conquista del Nobel

Intervista a Pietro Bargagli Stoffi

Bargagli Stoffi col premio Nobel per la pace

Bargagli Stoffi col premio Nobel per la pace

Pisa, 17 marzo 2019 - Tutto, anche un thriller politico, comincia con un amore. Che ha determinato la sua residenza, il lavoro e, alla fine, anche la passione per la scrittura. Pietro Bargagli Stoffi, nato nel 1975 e residente a lungo a Pisa, ha frequentato il liceo classico Galilei, poi la laurea in Giurisprudenza, sempre all’ombra della Torre. Durante le vacanze-lavoro a Cecina, in un campeggio, ha conosciuto la donna della sua vita, tedesca. Così si è trasferito in Germania dove, però, ha dovuto ricominciare «tutto da capo».

Come?

«Sono partito facendo il portiere di notte in un albergo. Poi, ho lavorato alla Nintendo, a Francoforte».

E in questa fase ha prestato la sua voce a un videogioco.

«Sì, a Wario, l’alter ego cattivo del famosissimo personaggio Mario».

Poi un altro trasloco.

«Nel frattempo, mia moglie ha terminato gli studi ed è approdata a Monaco. Dove mi sono occupato di design automobilistico e ho conosciuto grandi designer».

Ma l’idea del libro «Uropia, il protocollo Maynards» (Bibliotheka), uscito un mese fa (a Pisa si trova alla Ghibellina), quando è nata?

«Quando abitavo a Monaco dove è ambientato. Parla dei pericoli di una deriva antidemocratica all’interno dell’Unione Europea».

Un trasporto, quello per la scrittura, che è arrivato nel tempo.

«Fin da liceo ero un appassionato della lingua italiana. Ho fondato anche un giornalino ‘Il Fiume’. E, all’università, la rivista ‘Il Principe’. Poi più nulla fino al 2016 quando mia moglie mi ha detto, ‘non voglio che tu perda le competenze della lingua del tuo paese di origine, scrivi un libro su ciò che più ti interessa’, a me piace la geopolitica».

Diventerà il suo lavoro?

«Chissà, ho già in cantiere altri 4 libri. Uno ha come scenario i luoghi della mia gioventù, fra cui Pisa».

Torna mai a casa?

«Due volte l’anno, ci sono le mie radici. E ho tanti amici».

Il suo romanzo è arrivato già nelle mani del premio Nobel per la pace. Ci racconta?

«Mia moglie lavora all’università federale. Per l’inaugurazione dell’anno accademico era stato invitato Muhammad Yunus che, al ritorno, ha perso il treno. Mi è stato chiesto di accompagnarlo in auto per la tappa successiva. Durante il viaggio, abbiamo parlato e gli ho detto del mio libro. E’ rimasto molto colpito dal tema e mi ha proposto una fiction, stavolta con finale positivo, per influenzare e scuotere i politici e non solo».