"Sebastiano Tusa e il nostro sogno di un Museo delle Navi Romane a Pisa"

L'archeologo Andrea Camilli, direttore dello scavo di San Rossore e del Museo delle Navi Romane di Pisa, ricorda il grande archeologo morto nell'incidente aereo in Etiopia: "Lo aspettavamo a Pisa per l'inaugurazione del Museo delle Navi"

Andrea Camilli e Sebastiano Tusa con un rostro

Andrea Camilli e Sebastiano Tusa con un rostro

Pisa, 12 marzo 2019, DOMENICA mattina la notizia è stata una vera doccia fredda: «Ma lo sai che in un incidente aereo in Africa sembra sia coinvolto Sebastiano Tusa?». Una frenetica ricerca sui social, qualche telefonata ad amici e colleghi sconvolti, e la tragica conferma. Sebastiano Tusa, assessore alla Cultura della Regione Sicilia, uno dei grandi nomi dell’Archeologia subacquea italiana, era nella lista dei passeggeri deceduti nel volo precipitato in Etiopia.  Ho a che fare con Sebastiano Tusa da quando mi occupo di acqua. Detto così sembra una cosa banale, ma non lo è assolutamente. Avvicinati per motivi professionali, io novizio della archeologia navale e marittima, ancora esaltato dalle vertigini marittime Braudeliane, fui messo a confronto con il lato umano della storia. Il mare era per lui il mezzo, il motivo, la ragione che guidava e per la quale si era formata la nostra cultura mediterranea. Era anche lo scrigno che restituiva pezzi di storia che dovevano essere indagati con rigore scientifico, inappuntabile, ma che andavano compresi e trasmessi con umanità, forza, partecipazione, coscienti della necessità di un linguaggio semplice e coerente. Quell’obbligo morale di comunicare quanto si scopriva.

LA SCOPERTA pisana fu subito un motivo di contatto, soprattutto in funzione della creazione del Museo, che già allora si stava delineando. L’esperienza di Tarrasini, gli studi sui moderni maestri d’ascia, lo splendido museo creato con Valeria Li Vigni (moglie di Tusa), sono stati di esempio e ispirazione, come i progetti europei sulla rete dei Musei del Mare, palestra importante per immaginare quanto dovevamo realizzare.

L’avvio del Centro di Restauro ci avvicinò ancora di più. Lunghe disquisizioni sulle strategie di una conservazione sostenibile ci portarono alle prime collaborazioni, con il restauro dei primi rostri delle Egadi, che affrontammo insieme nei laboratori di San Rossore. Si creò un rapporto sempre più solido di stima professionale e umana: non erano insolite le telefonate del tono «Andre’, mi hanno recuperato un pezzo così così. Come interveniamo?». Fino alla splendida sfida del rostro di Acqualandroni, con ancora dentro la prua lignea della nave, a grave rischio di degrado, e alla prima seria collaborazione con un suo specializzato, che da allora è parte integrante e valida dello staff pisano. Con l’amico Fozzati aveva richiesto materiali da Populonia e dallo scavo delle Navi per una grande mostra da organizzare al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e per la quale mi aveva coinvolto nel comitato scientifico.

Sarebbe venuto a Pisa all’inaugurazione del Museo delle Navi. Reduce combattente di un male, lascia un grande vuoto in noi tutti. Se ne è andato proprio il 10 marzo, lo stesso giorno della Battaglia delle Egadi; 2258 anni dopo, anche se ricordo che, ascoltandone il suo racconto dalla sua voce, sembrava appena avvenuta. Cresciuto e vissuto per e nell’acqua, svanito con una fiammata nell’aria, ora la terra gli sia leggera. 

*Andrea Camilli è Funzionario Archeologo della Soprintendenza di Pisa e Livorno, Direttore degli scavi alle Navi Romane di San Rossore e del Centro di Restauro del Legno Bagnato di Pisa