Sara, Pavel e Aisha 7 giorni su 7 in cucina o al vivaio per tre spicci

"Nessun giorno di riposo e se mi lamentavo mi dicevano che mi avrebbero sostituita"

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Tre storie di altrettante persone, una donna italiana e due uomini stranieri che raccontano a fatica la loro esperienza. Sara, nome inventato, per tutelarla, lavorava qualche anno fa nel settore degli stabilimenti balneari del nostro litorale. Stava "10 ore al giorno, 7 giorni su 7, in cucina con una paga misera e nessun giorno di riposo con la promessa che prima o poi mi avrebbero regolarizzato cosa che non è mai avvenuta. Se provavo a lamentarmi mi dicevano che mi avrebbero sostituita".

Pavel (anche questo nome di fantasia) è un operaio agricolo. È polacco, capisce l’italiano anche se non benissimo. Lavorava in un vivaio della provincia di Pisa. Niente sabati, né domeniche o giorni di festa: doveva portare le piante tutti i giorni ai fornitori. Era sotto inquadrato e sottopagato. Fu il sindacato al quale si rivolse a spiegargli i suoi diritti. "Pavel trovò il coraggio di chiedere al datore di lavoro la giusta busta paga – racconta Lara Azie (FaiCisl) – e il giorno di riposo settimanale. Ma il datore disse di andarsene e di non tornare più al sindacato per farsi difendere: altrimenti un avvocato lo avrebbe fatto condannare per furto". L’ufficio vertenze della Cisl di Pisa – sostenuto da un pool di legali – riuscì a far avere a Pavel una compensazione.

Aisha, lavapiatti in un ristorante giapponese, raccontò allo sportello di FisascatCisl la sua storia. Visto che parla poco l’italiano, capisce anche male quello che gli viene suggerito. Ha un contratto a tempo determinato, "ma è sfruttato e sottopagato". Alla fine decide di non avviare una vertenza per paura di perdere quel posto anche se poco retribuito. Aisha non è solo – ricostruisce la segretaria di FisascatCisl di Pisa Claudia Vargiu – sostiene che tutti i suoi connazionali lavorano nelle sue stesse condizioni.