
Un clochard
Pisa, 26 maggio 2020 - In strada manca tutto. Una parola, un sorriso, il cibo. Si dorme per fame. In strada, in questi mesi, per portare tutto a chi vive senza una casa, ci sono stati Livio Daniele e Simone con altri 60 volontari del Cisom, Ordine di Malta. Ma ci sono sempre più poveri a Pisa. "Non abbiamo più potuto fare il recupero dello spreco alimentare, ma abbiamo comunque garantito al dormitorio le prime necessità, sia attraverso la spesa sospesa che con donazioni di amici", spiega Livio Daniele Gallea , responsabile gruppo Pisa - Cisom - Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Nell’istituto Santa Caterina è stata fatta una raccolta tra i genitori e con 650 euro, abbiamo organizzato 4 spese. Abbiamo raggiunto chi non ha trovato posto al dormitorio ma anche chi un’abitazione ce l’ha ma vive con la pensione minima. L’ambulatorio etico è rimasto chiuso, ma la somministrazione di farmaci a pazienti cronici è andata avanti". A Pasqua "abbiamo cucinato portando i piatti in piazze e vie". Simone Biondo ha 41 anni, lavora nel settore impiantistico, con l’emergenza e i cantieri chiusi, si è trovato fermo. E allora si è "impegnato nel volontariato" con il Cisom da tre anni anche se è entrato nell’ordine 5 anni prima.
Come? "Ho fatto un percorso personale. La predisposizione verso il prossimo, a prescindere dalla sua estrazione culturale, sociale, dalla provenienza, per me è una questione di buon senso".
E essere volontario? "E’ un sentimento forte trasmnesso agli altri per necessità non per onorificenza. Dopo un periodo di studio, mi sono avvicinato al braccio armato dell’ordine in punta di piedi. Ho conosciuto Daniele. Mi sono sentito in famiglia".
Poi, è approdato in strada. "Dopo un iter particolare. Si provano sentimenti forti. Molti dei senza fissa dimora si sentono inadeguati alla società e questo li catapulta in una realtà di ghettizzazione. A volte può diventare una barriera. L’orgoglio può superare la necessità".
Che cosa fa? "Lavoriamo su servizi organizzati dall’associazione ma anche da altre realtà con cui collaboriamo. Abbiamo una sorta di mappa e raggiungiamo le persone nei parcheggi, in roulotte, in ricoveri di fortuna".
Qualcosa è stato stoppato? "Semmai rallentato. Ma c’è stata anche una catena di solidarietà incredibile. A volte è una corsa contro il tempo per andare a prendere chili di mozzarelle che scadono dopo un giorno".
Le difficoltà sono in aumento. "Sono cresciute le richieste di supporto. Per la spesa, le bollette, la carta per stampare i compiti della scuola per i bambini. Cerchiamo di far capire alle famiglie che non sono sole e possono parlare con noi e trovare soluzioni".
E a chi vive fuori da una casa? "Non ha nulla: né spazzolino, né dentifricio, niente crema per le mani che si spaccano".
Che cosa è cambiato per loro? "Molti vivono di lavori saltuari, con l’agricoltura e l’elemosina. E anche queste piccole entrate si sono azzerate".
Avete assistito malati? "Una persona dimessa che è stata in quarantena in roulotte".
C’è paura del contagio? "Certo, ma non possono fare nulla. Avere un tetto è avere tutto. E forse preferirebbero ammalarsi. Perché così vanno in ospedale, stanno al chiuso, vengono accuditi, mangiano e stanno a contatto con altre persone".