Mare minacciato dalle microplastiche, l’esperto: “Pericolose anche per la nostra salute”

Sabato 20 aprile un convegno dell’associazione Praesidiomaris. Il professor Castelvetro: "Danni non soltanto per le specie animali". Intanto boom sul Litorale ma c’è il problema posidonia

Pisa, 14 aprile 2024 – “Quanto sono dannose le microplastiche nei mari e come fare a diminuire il loro utilizzo". È questo il fulcro del convegno dell’associazione Praesidiomaris che si terrà a Marina di Pisa sabato 20 aprile. Un tema ancora poco conosciuto, ma di alto rischio per la salute perché, come spiega anche il professor Valter Castelvetro dell’Università di Pisa, uno dei maggiori esperti del settore, causa enormi danni alle persone ed è responsabile di moltissimi decessi ogni anno. La situazione complicata dalla quale si vede con difficoltà una via d’uscita.

Professore, come mai c’è un problema di microplastiche?

"Perché si producono plastiche in grande quantità che hanno un’alta resistenza alla degradazione. Ciò non significa che non si degradano: lo fanno scomponendosi in piccolissimi frammenti di microplastiche. Queste minuscole porzioni finiscono per accumularsi in grandi quantità nell’ambiente e ci rimangono per molto tempo data la lunga degradazione. Vista l’ingente produzione della plastica e la non eccellente gestione dello smaltimento, abbiamo agenti inquinanti dappertutto".

Come quelli che si vedono in mare?

"Esatto, ma se per le grandi concentrazioni di plastica i danni sono noti, basti pensare alle foto di tartarughe strangolate da reti di plastica o balene che hanno tonnellate di materiale nello stomaco, quello delle microplastche è meno noto".

E qual è?

"L’impatto sulla base della catena alimentare. Le dimensioni delle microplastiche fanno sì che siano scambiate per i microrganismi e quindi mangiate. Questo comporta che le microplastiche ingerite risalgano nella catena elimentare, venendo mangiate a loro volta fino ad arrivare agli esseri umani. Il grosso di questi materiali viene espulso dall’apparato digerente, ma se anche solo l’1% viene assimilato può creare vari danni".

Tipo?

"Non ci sono evidenze particolari ma ciò che ci aspettiamo è che dei frammenti di microplastiche vadano nei vasi sanguigni e arrivino nelle cellule o in altre parti del corpo e causare infiammazioni che, se vicine a organi vitali, possono essere un problema. C’è anche un’altra questione poi...".

Prego.

"Come spiegherà anche Alfonso Pompella durante il convegno, le microplastiche si trovano anche nei suoli ed essendo molto leggere vengono sollevate dal vento ed essere inalate. Depositandosi nei bronchi e negli alveoli, si degradano in altre molecole dannose al punto che, da alcuni studi, è emerso che in Europa sono circa 400.000 i decessi legati a questo fattore. Il danno potenziale esiste ed è molto elevato: non c’è ancora da allarmarsi ma se non cambia la gestione potrebbe essere un problema".

Ci sono delle soluzioni?

"Al momento gli studi sono pochi, è complicato studiare le microplastiche visto che sono migliaia di oggetti composti dai svariati materiali. Inoltre, le tecnologie attuali sono talmente costose e poco efficaci che potrebbero fare più danni. Secondo me la soluzione è intercettare le plastiche devono prima che ci arrivino: servono misure globali per controllare meglio la dispersione di questi materiali nell’ambiente ed è molto difficile visto che la plastica costa poco ed è altamente disponibile. Solo con un impegno congiunto potremo trovare una soluzione a questo problema".