"Mia figlia si sta spegnendo divorata dall’anoressia. E non c’è posto per le cure"

Il grido di dolore della mamma di una quindicenne finita nel tunnel dell’anoressia durante il lockdown

disturbi alimentari

disturbi alimentari

Pisa, 20 marzo 2021 - Quindici anni, 20 chili persi in soli due mesi. L’altra pandemia. Quella che corre parallela al Coronavirus, ugualmente straziante. Un ‘buco’ che ti divora e che – nel pieno dell’emergenza sanitaria – non trova cura. I posti letto nelle cliniche e nei reparti specializzati non ci sono, ridotti all’osso dal Covid. Visite e consulenze spesso non vanno oltre Skype. La lista d’attesa per un ricovero nelle strutture dedicate ha tempi lunghissimi, pericolosamente dilatati per un disturbo che ogni giorno ti toglie un pezzo di corpo e di anima.

Anoressia nervosa. "Una malattia che può portare alla morte. E io sto vedendo mia figlia morire". Il baratro si è aperto a ottobre scorso. La ragazza oggi è ricoverata (ma solo in via temporanea) al reparto di Pediatria dell’ospedale Santa Chiara di Pisa. E’ ancora in attesa di trovare un centro che possa salvarla. "Alla ripresa della scuola – racconta la mamma – mia figlia era piena di entusiasmo, aveva iniziato un nuovo sport, diceva di voler imparare l’inglese per andare a studiare all’estero. Poi ad ottobre la prima quarantena di classe e a seguire il lockdown. Didattica a distanza, niente amici, niente sport". E lei comincia la dieta. "Mi accorgo che sta esagerando. Prendo contatto con una psicologa con cui mia figlia fa qualche incontro e poi con un centro pisano che si occupa di disturbi alimentari, il Centro Arianna dell’Azienda Usl Nordovest. Mi danno un appuntamento. Purtroppo non prima di metà febbraio". La situazione precipita, sembra inarrestabile. A dicembre, un piccolo spiraglio: tramite una neuropsichiatra infantile, la famiglia entra in contatto con un centro specializzato di Vicenza ma la ‘sentenza’ della specialista – dopo aver visto la giovane via Skype - è che il caso è troppo grave.

"Il centro presuppone una minima consapevolezza e volontà di uscire dalla malattia, cosa assente in mia figlia in quel dato momento" spiega la mamma. Nel frattempo la psicologa personale interrompe la terapia, per non sovrapporsi con il centro pisano per i disturbi alimentari che, però, non ha ancora visitato la ragazza. Si apre il vuoto. "Il medico di base consiglia di rivolgerci all’istituto Stella Maris di Calambrone ma anche lì i tempi sono lunghi. Mi affido ad un’amica psicoterapeuta, chiedo autonomamente al medico di base di segnare analisi del sangue. Intanto la ragazza è dimagrita 18 chili. Quando si aprono le porte del centro per i disturbi alimentari (in anticipo rispetto al primo appuntamento dato, vista la gravità della situazione) "l’endocrinologo ci dice che lei è a rischio di arresto cardiaco improvviso e che gli organi possono risultare compromessi in maniera permanente". La giovane crolla e con lei anche la mamma (che ha anche altri figli): "Ho iniziato a vivere ogni giorno chiedendomi se e quando avessi dovuto portarla al Pronto soccorso, urlando e lottando fino a notte per farle mangiare qualcosa". Finendo spesso per abbracciarla e basta, senza poter fare altro. Alla fine scatta il ricovero: c’è un lieve versamento pericardico. Siamo a fine gennaio.

"Flebo di soluzione fisiologica e potassio, analisi, 5 giorni e a casa. C’è bisogno di sostegno psicologico, cosa che il reparto non può fornire". E la mamma torna ad essere l’unico sostegno: "Sono io a dover controllare i parametri (pressione, battito, peso), assicurandomi che non peggiorino, obbligando mia figlia ad alimentarsi in qualche modo". Ma dimagrisce altri due chili, smette di bere acqua. Alla Stella Maris i posti continuano ad essere tutti occupati.

Stessa situazione alla neuropsichiatria del Meyer. Viene allora ricoverata in Pediatria al Santa Chiara: "Adesso sono passati 20 giorni, è ancora qui con alimentazione forzata (sondino naso gastrico), crisi di depressione, sensi di colpa dopo i pasti (tipici della malattia), nessuna psicoterapia, assistenza ai pasti fatta unicamente da me, ancora nessuna novità riguardo alle tempistiche. Il primario sostiene che il loro lavoro è terminato, che più di questo non possono fare, che mia figlia ha bisogno di essere seguita adeguatamente in un centro specializzato. Sto contattando altre strutture. Ancora e ancora. Ma il tempo passa portandola via". E con lei tutta la sua famiglia.

Francesca Bianchi