L’Emergenza sangue: "Dopo guerra e pandemia il plasma è sempre meno. Servono più donatori"

Viaggio nel Centro e nell’Officina trasfusionale dell’ospedale di Cisanello nelle strutture dei direttori Alessandro Mazzoni e Maria Lanza.

L’Emergenza sangue: "Dopo guerra e pandemia il plasma è sempre meno. Servono più donatori"

L’Emergenza sangue: "Dopo guerra e pandemia il plasma è sempre meno. Servono più donatori"

di Mario Ferrari

I numeri delle donazioni di sangue sono in crescita, ma c’è carenza di plasma, necessario per la produzione di moltissimi farmaci salvavita. Il direttore del centro trasfusionale dell’Ospedale di Cisanello, Alessandro Mazzoni, ha lanciato un appello per sensibilizzare sulla donazione di questo emocomponente fondamentale.

Perché è così importante il plasma?

"Tanti farmaci importantissimi per curare patologie di coagulazione, come l’albumina o l’immunoglobulina, sono prodotti col plasma. Dopo guerre e pandemia il mercato mondiale è carente di farmaci e l’Italia deve gestire gli approvvigionamenti in maniera autonoma. Con aziende farmaceutiche come la Takeda abbiamo instaurato un rapporto di controlavorazione: a un determinato valore di plasma otteniamo determinata dose di farmaci. Questo è un altro valore aggiunto della donazione, che garantisce un forte risparmio nella spesa sanitaria pubblica".

L’unico modo per ottenere il plasma è tramite donazione?

"Sì, essendo contenuto nel sangue si ottiene solo in due modi: scomponendo il sangue intero che ci viene donato o attraverso donazioni di solo plasma. Queste vengono effettuate tramite aferesi, un processo che avviene durante la donazione e separa le componenti del sangue usando una macchina, prelevando ciò che serve e restituendo ciò che non è necessario". Quanto serve donare oggi?

"Molto. Il problema demografico indica che ci saranno sempre più persone che potranno necessitare dei farmaci emoderivati e meno che potranno donare. Serve uno sforzo di solidarietà per il bene collettivo. Donare fa bene, è importante suscitare in ogni membro della nostra comunità l’interesse e l’attenzione per la donazione degli emocomponenti e il fatto che è un gesto necessario per la salvaguardia di tutti. Dovrebbe essere visto come uno dei pilastri della convivenza di una comunità".

Eppure, molti non donano? Come mai?

"Penso per scarso senso di solidarietà, ma la tipologia dei contratti lavorativi crea tante difficoltà. È difficile conciliare certi lavori con la donazione del sangue, che richiede mediamente 3 ore di tempo, nonostante i donatori ricevano un permesso lavorativo di 24 ore. Abbiamo ottenuto un ottimo riscontro dalla variazione di orari per rendere più comodo coniugare donazione e vita privata. Alcuni dicono anche per la paura degli aghi, ma tutti la superano facilmente".

Cosa si può fare per stimolare le donazioni?

"Come Aoup veniamo incontro ai donatori con l’apertura domenicale e pomeridiana del centro trasfusionale, realizzando eventi e collaborando con organizzazioni, ma il problema non si risolve in un giorno. Credo sia importante fare comunicazione sul tema e soprattutto far sapere ai donatori che il loro gesto è fondamentale e non viene sprecato. Sono veramente contento di dire che abbiamo migliorato l’appropriatezza di utilizzo del plasma, ossia la garanzia che non viene sprecato niente. In questo modo facciamo un favore ai pazienti, alla società e rispettiamo il gesto del donatore".