Un’accelerata inattesa in una vertenza che si trascina ormai da tanto (troppo) tempo. In mezzo: i neonati in situazione di fragilità e le loro famiglie. Lo scorso 7 marzo la casa alloggio "L’isola che non c’è" - da anni in funzione negli spazi del Santa Chiara ricavati nella Corte degli Spedalinghi e gestita dall’Apan-Associazione Pisana Amici del Neonato -, è stata improvvisamente chiusa. Le mamme presenti (si tratta di famiglie con neonati prematuri o affetti da gravi patologie) sono state costrette a traslocare temporaneamente in un reparto dismesso (ex Covid), sempre del Santa Chiara. E rimane in stand by anche la questione finanziamenti: all’appello manca ancora la tranche (seppur confermata) del 2023 – pari a 40mila euro, risorse che dal 2002 sono assicurate dalla Regione ed assegnate dalla Società della Salute - e l’impegno per il 2024.
"Una precarietà inaccettabile, che minaccia l’equilibrio e la serenità delle ospiti e fa tornare all’ospedalizzazione e alla disumanizzazione contro cui il servizio interviene" queste le parole del capogruppo "Una città in Comune" Ciccio Auletta che ieri ha portato la questione in consiglio comunale. Caso che il 22 marzo approderà risorse nella Seconda Commissione Consiliare Permanente: "Ci auguriamo con forza che vi partecipino tutte le istituzioni coinvolte - Sds, Aoup, Asl - e che diano risposte concrete, pubbliche e formali. Purtroppo, ad oggi, alla convocazione sia Sds che Aoup non hanno ancora risposto e non hanno confermato la presenza". La casa alloggio – una vera e propria casa, attrezzata e accogliente - dal suo avvio ha ospitato 2.512 mamme e da dieci anni ha previsto la possibilità di dare accoglienza a interi nuclei familiari. La permanenza può variare da un giorno a diversi mesi, a seconda della gravità delle condizioni dei piccoli ricoverati nella terapia intensiva neonatale: "Prima del progetto le mamme erano costrette a vedere dal vetro per mezz’ora al giorno i corpicini dei loro figli e figlie e trascorrevano le giornate nel cortile dell’ospedale. Ma il progetto non è solo accoglienza. Dal 2002, le mamme spesso di provenienze diverse e con fragilità sociali e personali, grazie agli interventi di sostegno, grazie al rapporto continuo con il reparto, grazie alla promozione della relazione di cura con il proprio figlio, diventano protagoniste del processo terapeutico. Tutto questo, grazie all’equipe dell’associazione".
"Negli ultimi anni – prosegue Auletta - c’è stato però un netto peggioramento: il rinnovo dei finanziamenti ha avuto cadenza annuale, senza tempi e modalità di assegnazione definite e formali ed ha generato precarietà ed incertezza. Ogni anno l’associazione non sa se il progetto verrà finanziato. Allo stato attuale, ad esempio, l’associazione non ha ancora ottenuto il finanziamento del 2023, confermato con una comunicazione della Società della Salute nell’aprile dello scorso anno. E il 2024? Nessuno si sbilancia, e le mamme ospitate continuano a ricevere accoglienza e cura a spese dell’associazione. Abbiamo appreso che la direzione ospedaliera ha promesso di individuare altra collocazione per il progetto in altro edificio del Santa Chiara: ci attendiamo che possa rispondere alle esigenze del progetto e non a quelle dell’ospedale".
Francesca Bianchi