GABRIELE MASIERO
Cronaca

"Infettata in ospedale e non mi fanno curare"

Esposto in procura di una pittrice della Valdera: «Un batterio nella protesi del ginocchio mi ha costretta su una sedia a rotelle»

Gabriella Ciampalini

Perignano (Pisa), 26 novembre 2019 - Dopo un calvario di oltre tre anni, ha deciso di presentare un esposto alla procura di Pisa per segnalare quello che, a suo dire, è un caso di malasanità in Toscana. La protagonista è una donna di 78 anni, Gabriella Ciampalini , residente a Perignano, che ha contratto un’infezione post operatoria dopo avere subito l’innesto di una protesi al ginocchio e ora non riesce a ottenere il nulla osta dalla sanità toscana per potersi curare l’infezione presso un ospedale tedesco. La vicend a risale al 15 giugno 2016, quando la donna, una pittrice molto conosciuta in Valdera, si è sottoposta a un intervento di protesi totale al ginocchio sinistro presso l’ospedale di Fucecchio (Firenze) ma qualche settimana più tardi le è stata diagnosticata l’infezione batterica da staffilococco della capra , batterio della pelle umana, ma che può essere coinvolto in infezioni del sangue, del tratto urinario, di ossa e articolazioni e dato che è difficile da identificare in laboratorio, è probabile che sia più presente di quanto non suggerisca la letteratura medica. L’infezione, scrive la donna nell’esposto depositato lo scorso 21 novembre in procura, è stata contratta «durante la prima operazione». Successivamente, nel febbraio 2017, Gabriella Ciampalini si è sottoposta a un altro intervento chirurgico presso la clinica privata «San Camillo» di Vittoria Apuana a Forte dei Marmi (Lucca) per rimuovere «la protesi infetta e applicare uno spaziatore e nel maggio successivo è stata impiantata una nuova protesi». Tuttavia l’infezione è comparsa nuovamente e ora da alcuni mesi la donna ha chiesto alla Asl un documento che attesti che in Italia non vi sono centri specializzati per curare questa patologia che le provoca forti dolori e un evidente gonfiore al ginocchio che la obbliga a spostarsi su una sedia a rotelle: con quell’attestazione la donna potrebbe recarsi all’ospedale Charité di Berlino per curarsi senza ulteriori aggravi di spese. Nell’esposto, la paziente informa il procuratore della repubblica «di ritenere responsabili tutti i medici» di quanto possa accaderle perché «con la loro condotta e il loro diniego non mi concedono questi documenti» e segnala che dalla vicenda è stata da tempo informata anche l’assessore regionale al diritto alla Salute, Stefania Saccardi . «Ma l’assessore – puntualizza la signora – ignorato finora la gravità della mia situazione». «Quello di cui necessito – scrive la Ciampalini, nell’esposto alla procura – è un documento dell’Asl competente che attesti che in Italia non è stato possibile risolvere questo problema». Subito dopo il primo intervento chirurgico di innesto della protesi, la signora ha accusato forti dolori e si è nuovamente recata all’ospedale di Fucecchio dove i medici, stando a quanto lei stessa riferisce nell’esposto, l’hanno medicata affermando che si trattava del «normale decorso post operatorio». «Invece – continua la donna – presto si è manifestata l’infezione batterica all’interno della protesi». «Successivamente – aggiunge – i medici dell’ospedale di Fucecchio, mi hanno detto che fare una revisione della protesi non era così semplice. E , quindi mi hanno tenuto oltre cinque mesi in questa situazione con l’infezione e i dolori che aumentavano continuamente tanto che ho deciso di recarmi in un’altra struttura ospedaliera, la clinica San Camillodi Vittoria Apuana dove i medici hanno deciso di sottopormi, nel febbraio 2017, a un nuovo intervento chirurgico con rimozione della protesi infetta, applicando uno spaziatore, per reimpiantare, sei mesi dopo, una nuova protesi nel ginocchio sinistro». Il calvario però non è finito, anzi. Il dolore persiste e il gonfiore è ben visibile. La signora Gabriella Ciampalini è sostanzialmente impossibilitata a camminare perché non può caricare il peso sulla protesi infetta e anche l’assunzione di antidolorofici non le consente di avere una mobilità normale. Ora la vicenda è approdata in procura e spetterà ai magistrati fare luce sulla vicenda e se vi siano state o meno condotte negligenti da parte del personale sanitario. Intanto, però la pittrice di Perignano attende che qualcuno le fornisca la documentazione richiesta per potersi recare in Germania sostenere le cure necessarie. L’ospedale della Charité è la facoltà di medicina dei due maggiori atenei di Berlino, l’Università Humboldt e l’Università libera ed è uno dei maggiori policlinici universitari d’Europa. © RIPRODUZIONE RISERVATA