"I giovani non sono i nuovi ‘untori’"

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"Fra gli adolescenti sì, forse c’è un po’ di disattenzione in più. Ma fra gli "over 18" mi pare che la situazione sia molto diversa e ci sia un grado maggiore di consapevolezza del momento che stiamo vivendo". Secondo don Federico Franchi, 34enne viceparroco di quella grande unità pastorale che va da Porta a Lucca fino a I Passi passando per Gagno e responsabile dell’ufficio catechistico della diocesi, c’è quasi una linea di demarcazione nell’atteggiamento dei giovani rispetto alla pandemia e ai comportanti da mettere in atto per contrastarla.

"Ma guai tacciarli di essere i "nuovi untori" - sorride - perché il problema non è generazionale ma riguarda le modalità con cui si sta insieme, in particolare gli assembramenti che sono il principale veicolo di trasmissione del virus, e gli adulti al riguardo non possono certo autoassolversi". Lo sa bene don Franchi, reduce da qualche giorno di isolamento domiciliare insieme al parroco don Carlo Campinoti, proprio per essere entrati in contatto con persone positive al Covid: "A me è capitato frequentando il nostro Gruppo Giovani mentre a lui i bambini e i genitori che seguono il cammino di preparazione alla comunione – dice -: noi eravamo e siamo negativi ma ovviamente abbiamo seguito le indicazioni delle autorità sanitarie e siamo stati in isolamento per il tempo necessario".

C’è un’altra emergenza, però, di cui fanno le spese soprattutto i più vulnerabili fra i giovani, "quelli che crescono in famiglie con qualche in difficoltà in più delle altre, e di cui si parla assai poco ed è quella che gli esperti chiamano digital divide" sottolinea il sacerdote. "Sempre di più in questo tempo di lockdown prima, e di distanziamento dopo, il computer e l’accesso alla rete diventano beni essenziali di cui non si può fare a meno – dice -: chi non li ha rischia davvero di essere escluso. E’ necessario favorire il più possibile l’accesso ad internet, altrimenti rischiamo di aumentare le disuguaglianze".

Francesco Paletti