"Gli anni ’80 in 80 scatti"

Porte aperte da ieri per la nuova mostra del Museo della Grafica con le immagini di Andrea Cavazzuti

Al Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi (Lungarno Galileo Galilei, 9) si è aperta ieri la mostra "Gli anni ’80 in 80 scatti", una raccolta di 20 stampe fotografiche realizzate dall’artista e sinologo Andrea Cavazzuti (artista, fotografo, video e film maker e sinologo) oltre a 60 fotografie digitalizzate (diapositive) rintracciate negli album delle famiglie emigrate dalla Cina in Italia negli anni ’80. Nata da un’idea dell’associazione Eoe (EstOvestEst), la mostra è patrocinata dal Comune di Pisa e dall’Istituto Confucio di Pisa, partner principale di Eoe, con il supporto anche di Imago e Acsi. Sono intervenuti all’inaugurazione, Paolo Pesciatini, assessore al turismo e commercio Comune di Pisa, Alessandro Tosi, direttore del Museo della Grafica, Wang Yunlin, direttrice dell’Istituto Confucio Pisa, Elisa Debernardi, presidente associazione Aoe, Cristina Biasci, vicepresidente associazione Aoe. L’esposizione sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 19 escluso il lunedì.

La raffinata ricerca di Andrea Cavazzuti che si presenta con stampe in bianco e nero di fotografie realizzate in quegli anni, contrasta con le foto proposte in video, riprese dagli album di famiglia, foto a colori che mantengono il sapore delle stampe comuni che ognuno di noi conserva tra i propri ricordi, e costituiscono uno spunto di riflessione su un periodo della nostra storia recente che, se ben vista con sguardi molto diversi, sottolinea una lontananza che oggi appare quasi dimenticata. Così spiega il suo rapporto con la Cina il fotografo Andrea Cavazzuti in un’intervista di Olivo Barbieri "… allenato com’ero a cercare oltre gli stereotipi anche in patria, fotografavo una Cina non vista e, quel che è peggio, nemmeno immaginata, quindi invisibile. Le cose già viste soddisfano, consolano, hanno a che fare con la memoria, mentre il non visto è secco, scostante, refrattario, a volte antipatico. La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali. Per me era irresistibile: gli oggetti in vista, la totale mancanza di privacy, le attività umane messe in scena su un palcoscenico sempre aperto, il paradiso del fotografo". E conclude: "Non è possibile immaginare cosa sarà la Cina domani senza considerare cosa sia stata fino a ieri. E’ l’ultima frontiera di espansione della civiltà globale per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. È l’ultimo e definitivo confronto di civiltà. Dopo la Cina, saremo al bivio. Mi illudo e spero, con questa mia scelta di vita, di aver dato a me stesso e ai miei figli almeno la possibilità, una volta giunti al bivio, di saper leggere i segnali stradali".