Così parlò il dirigente dell’Arci "Ora servono un bagno di umiltà, nuovi schemi e più coraggio"

;Mario Di Monte interviene nel dibattito scarurito dalla proposta di Dario Danti di un gruppo consiliare unico del centrosinistra: "Convocare un’assemblea pubblica per dar vita davvero ad un’unità dal basso".

Così parlò il dirigente dell’Arci   "Ora servono un bagno di umiltà,  nuovi schemi e più coraggio"

Così parlò il dirigente dell’Arci "Ora servono un bagno di umiltà, nuovi schemi e più coraggio"

di Gabriele Masiero

PISA

’esito del voto non merita un dibattito barocco sul tatticismo, ma un bagno di umiltà che non sottintende in alcun modo sentimenti di resa e paura, anzi la capacità di adottare pratiche coraggiose e nuove, uscendo dagli schemi impolverati del passato". Parola di Mario Dimonte, dirigente dell’Arci di Pisa, che rispetto al dibattito (piuttosto polemico) scaturito dalla proposta del segretario regionale di Sinistra Italiana, Dario Danti, di costituire un gruppo consiliare unico del centrosinistra guidato da Paolo Martinelli, si chiede: "Il gruppo unico in consiglio scalda i cuori di qualcuno? No e appiattire le diverse sensibilità serve davvero a qualcuno? Non è più necessario invece prendersi cura di tutte quelle comunità politiche che hanno scelto di dare il proprio sostegno a ciascuna delle liste che compongono l’attuale consiglio comunale?". Secondo Dimonte il voto delle comunali consegna alla città "una sconfitta del centrosinistra" e ora "bisogna lavorare con vista al 2028: non conta la meta, conta il viaggio, cioè come decidiamo di arrivarci". Per cui secondo il dirigente dell’Arci "basta con le discussioni vecchie del passato, occorre costruire uno spazio largo di partecipazione attiva, dove ognuno, nel rispetto delle proprie specificità possa contribuire attivamente nella costruzione della proposta e dell’azione" ma anche un "coordinamento aperto delle forze che hanno dato vita al percorso elettorale a chiunque voglia dare in futuro una mano".

Insomma, più che la bandierina di un unico gruppo consiliare serve, secondo Dimonte, un lavoro programmatico per preparare l’alternativa lasciando certe discussioni "dentro le organizzazioni politiche, ma risparmiandoci lo spettacolo di una discussione sui social e sui giornali: per mesi ci siamo detti quanto fosse importante favorire la partecipazione in luoghi e spazi definiti, per superare relazioni sfumate e troppo spesso poco chiare, vale all’esterno, vale a maggior ragione all’interno".

Insomma più che la resa dei conti tra dirigenti di partito, secondo Dimonte sarebbe opportuno "convocare un’assemblea pubblica per fare davvero dal basso quell’unità che non può essere verticale e fredda, costruendo temi, individuando bisogni, favorendo relazioni, dotandoci di strumenti comuni: l’opposizione in consiglio la fanno i consiglieri, meglio favorire la ricchezza e la pluralità per non dover schiacciare storie e idee, ma si fa anche fuori, favorendo un metodo di lavoro comune da portare dentro le istituzioni". Dimonte propone infine "una giunta ombra che monitori il lavoro dell’amministrazione e pratichi quell’idea di cambiamento, una campagna massiccia di ascolto nelle strade, nelle piazze, tra le persone, con banchetti e dialogo, perché la città del futuro non si costruisce tre mesi prima del voto".