
Blasco Bonito, per lunghi anni ricercatore al Cnr
Pisa, 30 marzo 2016 - «Per il battesimo di internet in Italia non c’è stata alcuna interazione umana. Semplicemente abbiamo mandato un segnale dall’altra parte dell’Oceano per calcolare quanto impiegava il pacchetto dati a viaggiare». L’uomo che ha premuto il pulsante che ha proiettato il nostro paese in maniera improvvisa verso il terzo millenio si chiama Antonio Blasco Bonito e da pochi anni è andato in pensione dopo una lunga carriera al Cnr di Pisa. Era il 30 aprile 1986 e da allora il mondo è cambiato completamemte e quello che sembrava essere un esperimento per pochi esperti si è rivelato un passaggio decisivo nella storia nazionale.
Ci racconti come è stata la genesi del primo collegamento internet in Italia.
«All’epoca lavoravo assieme ad altri due colleghi, Nedo Celandroni ed Erina Ferro sulle reti satellitari quando uno dei nostri responsabili che aveva i contatti con gli americani di Darpa, Luciano Lenzini, ci disse che c’era la possibilità di stabilire un contatto con la rete arpanet negli Stati Uniti. Personalmente la cosa mi colpì molto e decisi di collaborare immediatamente».
Com’era il primo collegamento internet italiano?
«Ricordo che al progetto collaborarono con noi del Cnr anche Telespazio per quanto riguarda la connessione satellitare e Italcable per quanto riguarda la rete telefonica. Dai nostri laboratori di Pisa la comunicazione viaggiava su cavo fino alla piano del Fucino, in Abruzzo e da qui poi partiva il segnale per raggiungere gli Stati Uniti. Per far funzionare tutta questa tecnologia era centrale un macchinario che avevamo installato al Cnr e che ci era stato fornito dal governo americano. Si chiamava batterfly gateway ed era una sorta di antesigano dei moderni router. Oltre con il nostro paese questi collegamenti erano stati predisposti anche tra gli Stati Uniti e la Germania, la Norvegia e l’Inghilterra»
Quanto è stato importante questo primo collegamento e cosa è successo dopo?
«Prima di allora esistevano già le mail, ma viaggiavano tra reti chiuse tra i diversi atenei, ognuna delle quali aveva il proprio standard. In Italia dopo il collegamento a internet del 1986, nel 1987 abbiamo registrato il dominio ‘.it ’e poi negli anni successivi abbiamo lavorato all’espansione di una rete che ha collegato tra loro università, centri di ricerca e anche alcune aziende, e alla formalizzazione del protocollo tcp-ip».
Cosa l’ha spinta a lavorare nella ricerca su internet e i computer in un’epoca in cui l’informatica era ancora molto arretrata?
«Diciamo anzitutto che all’epoca cominciavano già ad esserci i primi personal computer e i primi Mac con anche un’interfaccia grafica. Il grosso del lavoro era però comunque tutto in linea di testo. Per quanto riguarda ipotizzare nuove frontiere e nuovi traguardi per la scienza e per la tecnologia credo poi faccia parte del mestiere stesso del ricercatore, semmai se mi devo riconoscere un merito credo sia stato quello, al contrario di tanti altri, di credere in internet. Ho subito riconosciuto tutte le sue potenzialità perché mi piaceva il fatto che mettesse assieme contenuti in maniera assolutamente libera, senza alcun interesse particolare alle spalle».
Quali potrebbero essere ora le nuove frontiere delle connessioni?
«Quello che è diventato internet per le vite di ognuno di noi lo possiamo vedere quotidianamente. Ormai le connessioni sono dappertutto, da quello che indossiamo, agli elettrodomestici che usiamo nelle nostre case. Credo che in futuro internet diventerà ancora più pervasivo.