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"Cimitero monumentale nel degrado Patrimonio da salvaguardare"

Lo storico dell’arte Stefano. Renzoni: "Viviani scriveva su. un rotolo di carta igienica i. nomi dei personaggi antipatici"

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"E’ una storia interessante e che merita approfondimenti" commenta lo storico dell’arte Stefano Renzoni, rammentando Giuseppe Viviani come "un personaggio straordinario, tra i più grandi incisori del ‘900".

Professore, cosa pensa di questi ‘ritrovamenti’?

"Entrambe le incisioni sul marmo sono motivi palesemente vivianeschi. L’ipotesi che sia stato lui a eseguirle è molto suggestiva ma anche ardita, perché sinora non risulta una attività scultorea di Viviani. Bisogna approfondire, dunque".

Questa storia è comunque un invito a riconsiderare il Cimitero suburbano e magari a valorizzarlo.

"Il Cimitero è un registro memoriale: ci offre una ricostruzione esatta di coloro che hanno abitato a Pisa dalla metà dell’800 in poi e ha un suo fascino leggerne le epigrafi sepolcrali che vanno oltre la testimonianza puramente anagrafica. C’è poi un valore artistico: molte tombe sono opere di artisti importanti. Altrove i cimiteri vengono preservati e finanche visitati, quello di Pisa invece cade in malora".

Cosa si potrebbe fare? "Iniziare da una schedatura sistematica di tutti i monumenti e le tombe: credo che non si abbia piena consapevolezza del materiale. Questo potrebbe poi portare a una serie di pubblicazioni funzionali alla conservazione e alla condivisione della memoria. Perché si conserva solo ciò che si conosce".

Tornando a Viviani, lei è il nipote di un altro grande personaggio Dino Carlesi, che di Viviani fu amico molto stretto. "Poco prima che mio zio morisse ne raccolsi l’ultima testimonianza su Viviani in vista di una mostra a lui dedicata da Palazzo Lanfranchi. Sono aneddoti che restituiscono di Viviani una patina pisanissima. Tra i più divertenti c’è il ricordo del rotolo di carta igienica che egli aveva nella sua casa di via Gori e su cui scriveva i nomi di pittori e galleristi che aveva in uggia. Oppure del modo in cui ottenne dal re la licenza di cacciare nella Tenuta di San Rossore: per ingraziarselo gli donò una Madonnina. Ebbe così il permesso di entrare con la macchina scoperta e cacciare: neppure scendeva, ma sparava da dentro l’auto a tutto quello che vedeva. Zio ricorda anche le loro passeggiate sui Lungarni: Dino e Bepi a piedi, le mogli in auto che li seguivano lentamente. Perché le donne non erano ammesse alle loro conversazioni".

Fra i ricordi di suo zio c’è anche quello della morte della mamma di Viviani.

"Genny è morente e mio zio e Piero Chiara si prendono il compito di dirglielo, ma Viviani, consapevole, li evita. Saputo il suo rifugio, mentre Dino e Piero salgono le scale per raggiungerlo, Viviani va giù in ascensore. E quando loro scendono, lui risale. Alla fine riescono a dirglielo. Lui non avrà il coraggio di assistere al funerale della madre e resterà fuori dalla chiesa per tutto il tempo. Ma terminata la funzione, ricordava zio, andammo tutti e tre a mangiare la zuppa da Beppe a Navacchio. E Viviani mangiò più di tutti".

Eleonora Mancini