Cambiamenti climatici. Colpo di scena: sono i pini le piante più ‘resilienti’

Lo studio europeo presentato ieri a San Rossore nel progetto Life Systemic gli alberi comunemente considerati pericolosi sono invece quelli più adattabili.

Il pino domestico è al primo posto come albero resiliente ai cambiamenti climatici, seguito dalla farnia. E’ questo uno dei risultati dello studio europeo in corso a San Rossore che diventa un modello di gestione replicabile a livello internazionale. Sta per giungere alla conclusione il progetto Life Systemic che ha coinvolto università e aree protette italiane, slovene e croate con il Parco di o San Rossore tra i protagonisti. La ricerca è stata condotta sia sulle pinete sia sui boschi di origine naturale composti da querce, frassini ed altre latifoglie: il grado di diversità genetica è stato correlato agli indicatori della struttura forestale quali diversità specifica, diversità dimensionale, distribuzione spaziale, biodiversità legata al legno morto ed ai microrganismi nel suolo. Maggiore è la variabilità genetica, più il bosco è resiliente ai cambiamenti climatici.

"Il pino domestico e la farnia sono stati individuati come alberi resistenti ai cambiamenti climatici intendendo fattori quali siccità, alte temperature o sbalzi di temperatura": dice Donatella Paffetti di Unifi. Nel Parco, c’è una pineta straordinaria dove la rinnovazione arborea e genetica avviene in maniera spontanea, è quella del Fossacci". "Il progetto indica le azioni da intraprendere per mantenere o aumentare la diversità genetica - spiega Francesca Logli, responsabile forestale del Parco – nelle pinete non più tagli rasi, ma azioni mirate che sfruttano la rinnovazione naturale, tenendo conto di fattori importanti come la luce e come la protezione dall’azione degli ungulati. Anche per il bosco misto di origine naturale sono state elaborate importanti indicazioni gestionali". La parola chiave è infatti questa e cioè "gestione".

"Visti i rapidi cambiamenti climatici – continua Logli – non è più pensabile di gestire ad esempio le pinete o i boschi con tagli e ripiantumazioni cosa che si faceva anni o secoli fa come ai tempi dei Lorena".

"Il Parco rappresenta un polmone verde di 23mila ettari al centro di un’area urbanizzata che va da Viareggio a Livorno passando per Pisa - dice il presidente del Parco Lorenzo Bani - salvaguardare le foreste e promuoverne il rinnovamento è parte della nostra missione. Grazie ai risultati di questo progetto parte da San Rossore un modello di gestione che permette di mantenere la biodiversità dei boschi e renderli più forti per affrontare i cambiamenti climatici". Alla conferenza erano presenti Joelle Noirfalisse Life officer; Cristina Vettori (Cnr Firenze) project manager ed esperta in genetica forestale; Hojka Kraigher dell’Istituto Forestale Sloveno; Kristina Sever del servizio forestale sloveno; Miran Lanšcak dell’Istituto di ricerche forestali croato.

Carlo Venturini