
Riccardo Buscemi con Lucia Borsellino
Pisa,10 maggio 2015 - Lucia, testa alta, schiena gracile da uccellino e un dolore ancora tagliente: «la morte annunciata» di suo padre, Paolo Borsellino. Nel sangue un cognome, eco di coraggio e di senso del dovere. Venticinque anni dopo la strage di via d’Amelio, Lucia Borsellino racconta «Era mio padre». Ieri a Pisa, su invito dell’associazione «Il Mosaico» presieduta da Riccardo Buscemi, consigliere comunale di Forza Italia, la figlia del magistrato ammazzato assieme a cinque agenti della sua scorta dalla mafia, ha partecipato alla «Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi».
Scrosciano gli applausi e tutti si levano in piedi quando Lucia fa ingresso nell’Auditorium Toniolo dell’Opera della Primaziale. E’ l’omaggio e il tributo d’onore che studenti e autorità riservano alla memoria di suo padre. «Una morte annunciata – ha detto Lucia Borsellino –. Una morte concepita da un disegno mafioso che non fu abbastanza ostacolato dallo Stato. Credo di non urtare la suscettibilità di nessuno – ha proseguito la figlia di Borsellino – , se dico che allora non si è fatto nulla per evitare che lo ammazzassero». Lucia ha ripercorso alcuni momenti significativi e di poco anteriori alla strage di via d’Amelio, in un delicato dialogo-intervista con Tommaso Strambi, responsabile de La Nazione di Pisa, invitato a moderare l’incontro. «Ricordo il grande legame che unì la mia famiglia a quelle di Falcone e Caponnetto quando, nel 1985, preparando la requisitoria del maxi-processo, fummo trasferiti all’Asinara. Avevo 15 anni e quell’ ‘esilio’ è la prova che lo Stato può fare quello che è possibile per proteggere l’incolumità delle persone. Quella circostanza – racconta ancora la Borsellino –, mi segnò al punto che mi ammalai di anoressia. Mio padre ne soffrì, come se ne fosse il responsabile, e in Falcone trovò un amico e un consigliere».
Turba poi il racconto dei 57 giorni fra il 23 maggio, la strage di Capaci, e il 19 luglio 1992: «Dopo la morte di Falcone, mio padre era consapevole dell’insicurezza delle misure di protezione per sé e per la scorta, che noi consideravamo ormai di famiglia. Era consapevole del pericolo e per questo spesso si sganciava e si muoveva solo, per lasciare spazi liberi in cui essere lui solo l’oggetto di eventuali attentati e non coinvolgere né noi né la scorta. Ecco – ha detto Lucia Borsellino –, un atto di grande altruismo».
Nella giornata che celebra le vittime delle stragi e del terrorismo, mentre sullo schermo passano le immagini del 16 marzo 1978 e del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, la figlia di Borsellino dice: «Quello di Moro fu un sequestro fisico, per papà, dopo la morte di Giovanni, furono cinquantasette giorni di sequestro psichico. L’apparato dello Stato non ha fatto abbastanza per evitarlo. In quei giorni mio padre fu sovraesposto e quando chiese di essere ascoltato, fu ignorato e lasciato solo». E sulle ombre e le omissioni che avvolgono le atroci morti dei magistrati di Palermo, la Borsellino spiega: «Dopo venti anni si indaga sull’agenda rossa di mio padre». Una agenda che Borsellino portava sempre con sé e che sparì dalla borsa riconsegnata ai famigliari del giudice: «Quando ne chiesi conto – racconta Lucia agli studenti –, mi fecero passare per pazza in preda al delirio. Sbagliammo a non lottare fin da subito per avere verità».
Toccati dalle parole della Borsellino, il sindaco Filippeschi: «Il mio invito a presidi e insegnanti: diamo continuità all’educazione alla legalità nelle scuole», il presidente del consiglio comunale Ranieri Del Torto: «Il fenomeno mafioso non è lontano da noi né circoscritto a poche regioni», il questore: «Chi fa il proporio dovere e cade, regala alla società discontinuità rispetto al passato». Sentito il ringraziamento e l’omaggio che Riccardo Buscemi ha indirizzato alle forze di polizia: «Non dimentichiamo gli anni del terrore, di una strategia che ha fatto centinaia di morti, fra cui servitori dello Stato in divisa. Mentre in giro vi sono ex terroristi che girano l’Italia a parlare di temi sociali, non viene detto che sono gli ideologi delle Brigate Rosse, fra gli artefici della strategia del terrore. Agli ex terroristi che si riciclano parlando di giustizia sociale a voi giovani, noi contrapponiamo la nostra iniziativa per onorare carabinieri, polizia, magistrati, servitori di quello Stato che i terroristi volevano sovvertire».