GIOVANNI BALLERINI
Cosa Fare

"L’ombra è parte di noi", da Cascina il tour di Vinicio Capossela

Con il tour “Ombra. Canzoni della Cupa e Altri Spaventi” l'artista sarà in Toscana per la data zero alla Città del Teatro di Cascina. Poi da lunedì 27, con la data di Torino, inizierà il live in tutta Italia

Vinicio Capossela

Cascina (Pisa), 25 febbraio 2017 - "L'ombra è sfuggente, immateriale, ci segue, ci sopravanza e ci calpesta addirittura. A farci caso si ritrova nei luoghi più impensabili. Le canzoni di questo show ci conducono in varie zone d’ombra. Quella dell’inconscio collettivo espressa dal patrimonio folclorico della cultura della terra. Le ombre che si generano al fuoco del racconto, le ombre della selva, del bosco di rovi dove trovano riparo dalla luce le creature della cupa, creature che ritroviamo in noi stessi, il licantropo, la seguace di Diana.

L’indagine del fato, la premonizione. Poi i mostri del mondo infero, il labirinto del Minotauro, il ciclope, la bestia nel grano. Lo specchio in cui specchiare il doppio di noi stessi, ballate al pianoforte che vanno in luoghi oscuri e di clandestinità interiore. L’ombra dell’origine, di un Itaca da ritrovare a tratti. Il repertorio non attinge a un solo disco. L’ombra, un assenza, un punto di vuoto, c’è fin dalle canzoni dell’inizio».

Vinicio Capossela presenta in tour la seconda parte del suo album «Canzoni della Cupa» (La Cùpa/Warner Music) e brani del suo repertorio legati a doppio filo all’immaginario oscuro e misterioso dell’ombra. Con il tour “Ombra. Canzoni della Cupa e Altri Spaventi” Vinicio sarà stasera in Toscana per la data zero alla Città del Teatro di Cascina.  Poi da lunedì 27, con la data di Torino, inizierà il live in tutta Italia. Canzoni della Cupa e altri spaventi sembra il titolo di un libro per bambini.

Vengono a vedere i suoi concerti?

«Lo spero… i nostri concerti cercano di essere spettacoli in cui realizzare la sospensione dell’incredulità, che è un privilegio dell’infanzia. Le creature del mito fanno parte dell’infanzia del mondo, che è la cosa che mi interessa di più. Ci sono diverse canzoni adatte ai bambini a partire da quelle degli spaventi. Del resto nella cultura popolare lo spavento è da sempre un importante fattore pedagogico. Imparare ad avere paura e imparare a superare la paura è un passo molto importante. Inventarsi una creatura che abita nel pozzo per farti desistere dall’andarci intorno è un sistema che può popolare il mondo e renderlo più vivo e più ricco. L’ombra poi è una delle prime cose con la quale si impara a giocare. L’artista che popolerà il palco di ombre, Anusc Castiglioni, fa molti laboratori con i bambini, che sono sempre i più geniali nelle loro osservazioni-spiegazioni del mondo».

Cosa ha preparato per stupirci in questo ombroso live?

«Una banda eclettica in grado di attraversare diverse dimensioni di timbro e di suono. Strumenti spiritici e compagni del diavolo come il tamburo, le corde il violino, le onde del teremin. Un teatro d’ombre e di luce. Un mondo in cui accompagnarvi con la voce del racconto e poi lasciarvi soli, perché l’ombra è sempre un fatto personale. Jung diceva che è la parte che ci completa.  È un viaggio in luoghi inattesi, accompagnati da musica».

L’almanacco dell’ombra è un modo dialogare con i fan?

«L’ombra, lo specchio, il doppio, sono temi che toccano tutti. Abbiamo invitato a condividere notizie, una specie di caccia all’ombra. Sono arrivate moltissime cose interessanti. Cerchiamo di rimetterle in circolo. L’ombra è una specie di negativo, di parte al rovescio, farci caso è già un modo di cambiare il punto di vista sulle cose».

Cosa sceglie tra sogno e consapevolezza?

«Il sogno è parte dell’esperienza umana. È dall’altra parte della vita.  E’ la parte in ombra appunto, l’inconscio. La psicanalisi dice che è a mezzo del sogno che ci completiamo se lo portiamo a consapevolezza. Il sogno non è l’evasione dalla realtà, ma il completamento della realtà. Devono esistere entrambi e non fondersi. Il bianco serve al nero senza diventare grigio».

Pochi giorni fa a Firenze ha cantato Modì, dal suo album del 1991, si sente in sintonia con il pittore livornese?

«Modigliani è stato sempre un eroe della mia gioventù. L’incarnazione in vita di un ideale romantico, bohemien. Col tempo guardo con ammirazione alla sua capacità di elaborare uno stile così personale in un contesto così straordinario come la Parigi di inizio novecento. Tra tanti giganti trovare una via personale e non cedere, credere nella propria arte e non svilirla è il più grande merito per un artista. All’ombra dei grandi alberi non cresce nulla, diceva il suo amico Brancusi. Modigliani mi sembra che non abbia voluto mettersi all’ombra di nessuno e ci ha regalato un lezione di bellezza, la bellezza della fragilità».