Derby a stelle e strisce nel centrodestra diviso

Basta vedere l’entusiasmo con cui Matteo Salvini reagisce ogni volta che Donald Trump vince le primarie negli Stati Uniti. È tutto un “congratulations” rivolto all’ex presidente Trump mentre Meloni ha un ottimo rapporto con Biden

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente Usa Joe Biden nel recente incontro

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente Usa Joe Biden nel recente incontro

Firenze, 10 marzo 2024 – Oggi si vota in Abruzzo, Regione diventata determinante per la tenuta della coalizione di destra-centro dopo la sconfitta in Sardegna. Lo dimostra la massiccia presenza, in questi giorni, di ministri e parlamentari della maggioranza - carichi di promesse come Babbo Natale di regali - a fianco del presidente uscente Marco Marsilio (FdI). A sfidarlo sarà il professor Luciano D’Amico, docente di economia aziendale all’Università degli Studi di Teramo, sostenuto dal “Patto per l’Abruzzo”, campo ultra largo che tiene eccezionalmente insieme Pd, M5s, Azione e Italia viva. Un unicum, evidentemente. Già sembra difficile mettere insieme Pd e M5S, come dimostrano il caso della Basilicata e il caso del Piemonte, figuriamoci proporre come modello valido ovunque l’alleanza fra Cinque Stelle ed ex Terzo Polo (e che dire di Firenze, dove Pd e Italia Viva si parlano ma non si intendono?). La destra non può sbagliare; la già precaria armonia è quotidianamente messa a dura prova e nei prossimi mesi le cose per la coalizione di Giorgia Meloni possono solo peggiorare. Tra elezioni regionali ed europee, i motivi di frizione e tensione all’interno della maggioranza aumenteranno. Basta vedere l’entusiasmo con cui Matteo Salvini reagisce ogni volta che Donald Trump vince le primarie negli Stati Uniti. È tutto un “congratulations” rivolto all’ex presidente Trump, che sfiderà Joe Biden alle elezioni presidenziali di novembre. Mentre Meloni ha un ottimo rapporto con Biden, Salvini rinnova quasi quotidianamente i suoi complimenti al miliardario americano, che ha trasformato il Partito Repubblicano in una piccola appendice del movimento Maga.

Non c’è sincero illiberale che Salvini non incensi. Da Trump a Vladimir Putin. D’altronde, anni fa avrebbe voluto dare “due Mattarella in cambio di mezzo Putin”. Qualcuno dirà: sono boutade elettorali. Ma più passa il tempo e meno assomigliano a delle banali sortite propagandistiche fatte solo per scandalizzare il pubblico politicamente corretto. Trump ha appena attaccato i paesi membri della Nato che non spendono abbastanza per la difesa, invitando la Russia a fare quello che vuole, e, sempre per non dimenticare le parole di Salvini in questi anni, il capo della Lega negli anni si è espresso negativamente sulla Nato, dicendo che l’Italia avrebbe dovuto ridiscutere la propria presenza all’interno dell’alleanza atlantica. Cambiare idea è lecito. Solo che i suoi amici sovranisti in giro per l’Europa sono rimasti fermi sulle stesse posizioni.

Intanto c’è il voto in Abruzzo. Per Meloni una sconfitta peserebbe il doppio, dopo aver perduto in Sardegna con un suo candidato, anch’egli espressione di Fratelli d’Italia. Poi toccherà alla Basilicata, dove i problemi più grossi li ha la coalizione demo-populista. L’imprenditore Angelo Chiorazzo è stato imposto da Roberto Speranza come candidato. Ma il resto della coalizione Cl (Campo largo) non lo vuole, a partire dal M5S, e quindi l’aspirante presidente da giorni è in trattativa con i partiti. Da impolitico di professione, è diventato quello che dà le carte. Un capolavoro dell’ex ministro della Salute, che non a caso dalle parti del Pd lucano chiamano lo stratega : in un colpo solo ha reso il Pd succube del M5S e dello stesso Chiorazzo.

[email protected]